L’ultimo speciale di Nature è dedicato al “Climate crunch”: il momento cruciale per le scelte sul riscaldamento terrestre e le sue conseguenze.
Il 22 aprile si è celebrata in tutto il mondo la giornata della Terra, con l’emergenza climatica al centro delle iniziative (da noi se ne è parlato quasi solo per il “concerto a impatto zero” di Ben Harper a Piazza del Popolo).
Circa un mese addietro, il 28 marzo, più di 1000 città in oltre 80 Paesi, hanno spento le luci per chiedere politiche di risparmio energetico nell’ora della Terra.
Il premio Nobel Al Gore e Carlo d’Inghilterra percorrono il pianeta in lungo e in largo spiegando che non c’è tempo da perdere nella diminuzione delle emissioni di CO2, massime responsabili delle modificazioni climatiche, affermando che abbiamo si e no vent’anni per rimettere in sesto una situazione altrimenti irreparabile.
E da noi?
Noi abbiamo Antonio D’Alì, presidente della commissione ambiente del Senato, che insieme ad altri 36 senatori del Pdl ha presentato una mozione, approvata il 1 aprile (il caso ha messo lo zampino sulla data), nella quale si sostiene come il rapporto tra temperatura e concentrazione di CO2 non sia chiaro, che addirittura il riscaldamento terrestre potrebbe portare dei benefici, che bisognerebbe condurre la Commissione europea a più miti consigli, che “più proficuo potrebbe essere destinare le risorse disponibili, inevitabilmente limitate, all’adattamento a tale riscaldamento e alla promozione di interventi sul territorio finalizzati all’efficienza energetica, all’edilizia ecovirtuosa (…)”.
Che il senatore D’Alì non abbia grande rispetto per il lavoro di Parlamento e Commissione europea lo abbiamo capito, più difficile immaginare cosa intenda per edilizia ecovirtuosa (solarium sui tetti e sale hobby in giardino?). Dovrebbe intanto spiegare alla piattaforma Wilkins in Antartide come “adattarsi al riscaldamento”, mentre lei si sbriciola e continua a perdere pezzi: le immagini satellitari dell’Esa (European Space Agency) meritano almeno un’occhiata.
4 commenti da “Emergenza climatica e politici lungimiranti”
Anno 2056: non la fine del mondo ma potremmo andarci vicini. E’ l’anno in cui al ritmo di crescita attuale le emissioni annuali di CO2 raddoppieranno rispetto ai livelli di oggi e la concentrazione del gas in atmosfera arriverebbe al doppio dei livelli preindustriali. A quel punto sarà troppo tardi per qualunque intervento e si verificherebbero gravi cambiamenti climatici di portata planetaria.
Anni 2020-2030: nella migliore delle ipotesi saranno gli anni in cui il petrolio avrà raggiunto il cosiddetto “picco” per poi iniziare il declino, ossia, in parole povere, i giacimenti cominceranno ad esaurirsi e sarà sempre più difficile per non dire impossibile rimpiazzarli. Le conseguenze sono facilmente immaginabili: razionamento delle forniture, prezzi in crescita, impatti devastanti su quelle economie che baseranno la loro crescita ancora sui combustibili fossili.
Anno 2008: il 45% dell’energia italiana è prodotta dal petrolio, quasi tutto importato, il 39% dal gas, il 9% dal carbone e il rimanente da idroelettrico (2%), rifiuti (2%) e geotermico, solare, eolico (3%).
In Europa siamo al terzo posto per potenza elettrica fotovoltaica installata dietro Spagna e Germania.
Abbiamo un obiettivo nazionale di riduzione di CO2 del 6,5% per il periodo 2008-2012 fissato dal protocollo di Kyoto, (nel periodo 1990-2004 c’è stato un aumento del 12%).
Questi sono fatti che si commentano da soli. Abbiamo molto da fare e non ci è rimasto molto tempo, cosa stiamo aspettando ?
Hai ragione da vendere, Angelo. Cosa stiamo aspettando?
Dobbiamo comprendere che questa è un’emergenza che vincola tutte le altre, la condizione stessa perché le altre possano essere discusse: vivere.
Venti anni per ridurre drasticamente le emissioni di c02, venti anni per spostarci sulle energie rinnovabili, venti anni per comprendere che il risparmio energetico è la chiave di volta di ogni politica di sostenibilità.
Non abbiamo neppure un giorno da perdere, e ciascuno di noi può fare la sua parte.
Fa molto ridere questo post. Grazie! :)
Sì, c’è di che ridere, data la situazione italiana, e non solo. Ma chissà, forse tra ghiacciai che si sbriciolano, ‘monnezza che ci soffoca, inceneritori che vanno a plastica qualcosa iniziamo a capirla…
Grazie a te.