Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti attaccano l’Afghanistan al rifiuto dei talebani al governo di estradare Osama bin Laden, il capo di Al-Qaeda.
Nel dicembre 2001 Hamid Karzai (ex consigliere della compagnia petrolifera Unocal) viene nominato capo del governo provvisorio, ed eletto presidente a fine 2004, ma già nel 2005 la guerriglia dei talebani riprende nel Nord del Paese.
Nel 2006 gli Usa e la Nato si impegnano nella campagna militare ancora in corso, con l’impiego di migliaia di truppe e intensi bombardamenti aerei. Ma l’avanzata dei talebani e di altri gruppi della resistenza armata afgana continua, e oggi questi controllano tre quarti del Paese.
Il 20 agosto si sono svolte nuove elezioni, sulle quali grava il dubbio di numerosi e consistenti brogli. Elezioni che, secondo i risultati definitivi resi ufficiali il 14 settembre (pur mancando allo scrutinio ancora il 5% delle schede) confermano Karzai come presidente con il 54,3% dei voti e sconfitto il suo sfidante ed ex ministro degli esteri Abdullah Abdullah.
Otto anni di guerra; un bilancio di vittime causate dalle azioni militari, tra civili e militari, afgani e stranieri, giunto alla terribile cifra di 60.000; altre decine di migliaia di persone morte per le malattie e la fame provocate dalla guerra. L’operazione Enduring Freedom voluta da Bush divenuta una possibile replica del Vietnam per gli USA, come teme il presidente Obama. E bin Laden ancora libero…
La democrazia non si esporta, tanto meno a colpi di missili.
Che cosa aspettiamo per tornare tutti a casa?
Per saperne di più:
3 commenti da “Afghanistan, che ci stiamo a fare?”
Ciao Luisa,
il tuo post dice in poche righe quello che Floris non è riuscito a spiegare in un’ora di Ballarò.
Ps: Il 26 settebre p.v. io sarò a piazza bocca della verità, h. 14,00. Ci sarai anche tu?
Ciao Mezza penna,
certo che ci sarò. Sarei anche rientrata sabato da Vasto per essere alla manifestazione sulla libertà d’informazione, ma contro ogni logica qualcuno ha deciso di rinviarla.
A presto
Ciao Luisa,
non solo penso che la democrazia non sia un pacchetto preconfezionato pronto per essere esportato altrove (anche se, ovviamente, la democratizzazione dell’Afghanistan era l’ultimo dei pensieri di Enduring Freedom…), ma ritengo che nella più ampia strategia di guerra al terrore l’uso massiccio delle armi in una regione che ha già dimostrato di essere la tomba degli imperi sia stato un grossolano errore di valutazione. La presenza dell’Italia nella Nato e la sua adesione anche armata a un conflitto promosso da questo (ormai obsoleto) organismo internazionale potrebbe in questo momento essere fatta pesare proprio in sede Nato, per mutare globalmente la qualità e il senso della presenza straniera in Afghanistan. L’Italia ha aderito entusiasticamente alla “guerra globale” promossa da Bush & Co., adesso potrebbe farsi promotrice di un generale ripensamento di quella stessa guerra… potrebbe, ma con questo governo la vedo molto difficile. Uno dei guasti peggiori delle patetiche acrobazie personali del nostro premier è infatti il peso internazionale quasi annullato per il nostro paese: è triste pensare che in un’eventuale negoziazione con gli altri membri della Nato quello che noi potremmo mettere sul piatto della bilancia per motivare le nostre pressioni a cambiare strategia siano le vite nude e crude dei militari che abbiamo mandato laggiù, e non il peso di uno sguardo politico lungimirante e di un prestigio internazionale riconosciuto…