categorie: il pianeta che vorrei
Le assemblee regionali, quelle che stiamo per rieleggere, non possono approvare né eliminare le leggi dello Stato; possono favorirne o meno l’applicazione, possono varare altre leggi e soprattutto fare in modo che a guidare le scelte per l’amministrazione dei territori sia la buona politica per le cittadine e i cittadini, siano essi bianchi, gialli e anche rossi.
Quella politica buona vede due persone mano nella mano e ha il dovere di accompagnarle nella vita comune, se lo vorranno: come siano assortiti i sessi tra loro non può e non deve riguardare la legge. Perciò mi batterò perché nella regione Lazio si riconoscano presto le unioni di fatto.
La politica buona vede i bambini tutti uguali; a ciascuno di loro sa parlare nella lingua dell’accoglienza, sapendo che insieme comporranno città varie e curiose di esplorare altri mondi. Per questo a loro, ai loro genitori, vanno riconosciuti diritti, oltre che richiesti doveri: il diritto di essere cittadini e di votare nel luogo in cui vivono, anzitutto.
La buona politica riconosce la sofferenza e capisce quando deve arrestarsi davanti alla soglia di una persona morente; consentire a ciascuno di noi di scrivere il proprio testamento biologico è il modo per la politica di essere con le persone, non sopra di esse.
La buona politica sostiene i cittadini nelle loro libere scelte e determina i valori non negoziabili per il bene della propria comunità. Per questo l’appello al voto del cardinal Bagnasco è irricevibile. Perché chiunque pretenda di imporre la visione sua, o della sua Chiesa, sul corpo di tutti (ma specialmente di tutte), fingendo di ignorare la reale condizione umana e calpestando le decisioni già assunte dai cittadini, ecco, chiunque faccia questo, sappia che le leggi dello Stato non si cambiano dal pulpito, che le cittadine e i cittadini italiani sanno distinguere la religione dalla politica e che il voto, in questo Paese, è ancora un voto libero.
Mentre l’aspirante governatrice del centrodestra si esibisce* conformemente agli usi del partito dell’amore, e ancora non sappiamo se il nome di Emma Bonino diverrà espressione di tutta o di una parte (e quale) dei partiti del centrosinistra, oggi inizio a porre una domanda alle due candidate.
Parliamo di rifiuti, a partire dalla situazione, in procinto di divenire esplosiva, nel territorio dei Castelli romani, dove dovrebbe sorgere (ad Albano, nell’area dove già insiste la discarica di Roncigliano) uno degli inceneritori previsti dal piano regionale della giunta Marrazzo (piano approvato per decreto e mai votato dall’assemblea). Gli uffici competenti della regione, a marzo 2008, hanno emesso una prima Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) negativa che bloccava ogni autorizzazione e la Asl ha dichiarato l’impianto incompatibile con le condizioni ambientali del luogo. Ma la VIA è stata modificata e il documento della Asl ignorato.
La feroce opposizione che i cittadini della zona stanno conducendo contro la decisione di edificazione dell’impianto (affidata senza gara d’appalto, per la modica cifra di 400 milioni di euro, a un consorzio facente capo a Manlio Cerroni), in un’area agricola e in prossimità di molti centri densamente popolati (Albano da sola conta 40mila abitanti), si è manifestata attraverso numerose azioni tra cui tre ricorsi al Tribunale regionale: contro l’autorizzazione integrata ambientale (Aia), la valutazione di impatto ambientale (Via) e la dichiarazione di pubblica utilità della conferenza dei servizi. Il 24 marzo 2010 è prevista la seconda udienza del Tar per esaminare la questione (la prima, l’11 novembre 2009, non ha avuto esito). E la battaglia della popolazione inizia a riscuotere consensi tra gli amministratori (anche grazie all’imminenza delle elezioni), ottenendo la firma di un documento di sostegno al Coordinamento Contro l’Inceneritore da parte di otto sindaci del territorio e dieci consiglieri regionali.
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Ieri mattina una delegazione di cittadini ha manifestato davanti al Dipartimento Territorio della regione per chiedere una sospensiva dell’autorizzazione ai lavori fino alla decisione del Tar: le risposte dei dirigenti, come già quelle di Montino e Parroncini (l’erede di Marazzo e l’Assessore ai rifiuti) continuano a ignorare le richieste delle popolazioni, confermando le decisioni prese e trincerandosi dietro dichiarazioni di rito.
La sospensione cautelativa di inizio lavori occorre subito e dovrebbe costituire un atto dovuto finché la magistratura regionale non si sarà pronunciata: invece la decisione, di competenza dei dirigenti amministrativi, attende un eventuale “invito” politico che la sblocchi.
Non si possono attribuire anzitempo responsabilità che non hanno alle eventuali future governatrici, ma una loro parola sulla questione forse aiuterebbe a comprendere in quale direzione vorrebbero muoversi, e probabilmente spingerebbe anche gli attuali amministratori a tenerne conto.
Confermerebbero o no il piano Marrazzo e la costruzione di impianti di incenerimento dei quali ben conosciamo i disastrosi effetti sulla salute, contemporaneamente ai benefici per i signori che ne gestiscono il lucroso business, spesso criminale?
Tante volte sfuggisse alla memoria delle candidate questo ultimo spinoso aspetto, possono rinfrescarsi la memoria con una storica puntata di Report, “L’oro di Roma“. Della quale, in particolare, consiglio la visione del breve “fuori onda” con l’Assessore Di Carlo.
Quale sia la mia opinione sul ciclo dei rifiuti l’ho detta qui; l’inceneritore di Albano (come gli altri previsti nel Lazio) non vanno costruiti poiché sono dannosi per la salute, deturpano il paesaggio e favoriscono il circolo vizioso dell’economia criminale.
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* Spiacente per chi non ha potuto vederla: la foto di Renata Polverini cui rinviava il link è stata rimossa.
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In molte città e Paesi in Europa e nel mondo sono attivi ed efficaci da anni sistemi di raccolta e smaltimento dei rifiuti che hanno dimostrato non solo che è possibile, ma che si possono raggiungere in tempi rapidi risultati straordinari di riduzione, uso diverso e riciclaggio rispettosi della nostra salute, dell’ambiente in cui viviamo, delle nostre tasche.
Abbiamo centinaia di esempi, vicini e lontani, che ci mostrano che si può fare.
Si può:
– imparare a ridurre i rifiuti (scegliendo prodotti con meno imballaggi, contenitori riutilizzabili o facilmente smaltibili, incentivando le aziende che confezionano meno e meglio e penalizzando quelle che non lo fanno);
– abituarsi a riutilizzare molti oggetti di uso comune, contrastando la pratica dell’usa e getta;
– pretendere la raccolta differenziata, preparando le condizioni per il riciclaggio e il recupero di gran parte dei rifiuti e solo al termine procedere allo smaltimento con modalità e in luoghi eco-compatibili.
Città virtuose in tutto il mondo si stanno rapidamente avvicinando al 100% di raccolta differenziata: hanno realizzato questo obiettivo in pochi anni, semplicemente con la consapevolezza che tale emergenza andava affrontata. Le amministrazioni hanno stimolato la partecipazione dei cittadini, previsto e avviato rapidamente programmi di informazione ed educazione, hanno organizzato reti adeguate alla raccolta differenziata, costruito siti tecnologicamente all’avanguardia per separare e recuperare tutto il possibile, smaltire esclusivamente il residuo di questo processo.
A volte, come sta accadendo in Germania, sono stati così rapidi e bravi a realizzare questi obiettivi, che i loro inceneritori ancora attivi funzionano grazie ai rifiuti inviati da Paesi come l’Italia.
Per queste ragioni sabato scorso ho partecipato alla marcia organizzata ad Albano Laziale contro la costruzione del nuovo inceneritore dei Castelli Romani (qui il sito del coordinamento).
Per questo chiedo alla Regione Lazio di essere coerente con le indicazioni del Piano rifiuti del 2008 che indicava, per la raccolta differenziata, l’obiettivo del 50% nel 2011. Siamo oggi lontanissimi da questo risultato: degli oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti, meno del 20% sono raccolti attraverso la differenziata stradale.
Per questo ho firmato e vi chiedo di firmare la Proposta di legge di iniziativa popolare della Regione Lazio sui rifiuti, che al primo punto dichiara: “la Regione Lazio ripudia l’incenerimento come mezzo di risoluzione del problema dei rifiuti”.
Impediamo che la gestione dei rifiuti venga ancora una volta appaltata ai privati che speculano sulla salute dei cittadini o alla criminalità organizzata che l’ha resa uno dei suoi business più redditizi.
Smaltire i rifiuti è una necessità, bruciarli non è una soluzione e spesso è una speculazione.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti attaccano l’Afghanistan al rifiuto dei talebani al governo di estradare Osama bin Laden, il capo di Al-Qaeda.
Nel dicembre 2001 Hamid Karzai (ex consigliere della compagnia petrolifera Unocal) viene nominato capo del governo provvisorio, ed eletto presidente a fine 2004, ma già nel 2005 la guerriglia dei talebani riprende nel Nord del Paese.
Nel 2006 gli Usa e la Nato si impegnano nella campagna militare ancora in corso, con l’impiego di migliaia di truppe e intensi bombardamenti aerei. Ma l’avanzata dei talebani e di altri gruppi della resistenza armata afgana continua, e oggi questi controllano tre quarti del Paese.
Il 20 agosto si sono svolte nuove elezioni, sulle quali grava il dubbio di numerosi e consistenti brogli. Elezioni che, secondo i risultati definitivi resi ufficiali il 14 settembre (pur mancando allo scrutinio ancora il 5% delle schede) confermano Karzai come presidente con il 54,3% dei voti e sconfitto il suo sfidante ed ex ministro degli esteri Abdullah Abdullah.
Otto anni di guerra; un bilancio di vittime causate dalle azioni militari, tra civili e militari, afgani e stranieri, giunto alla terribile cifra di 60.000; altre decine di migliaia di persone morte per le malattie e la fame provocate dalla guerra. L’operazione Enduring Freedom voluta da Bush divenuta una possibile replica del Vietnam per gli USA, come teme il presidente Obama. E bin Laden ancora libero…
La democrazia non si esporta, tanto meno a colpi di missili.
Che cosa aspettiamo per tornare tutti a casa?
Per saperne di più:
L’ultimo speciale di Nature è dedicato al “Climate crunch”: il momento cruciale per le scelte sul riscaldamento terrestre e le sue conseguenze.
Il 22 aprile si è celebrata in tutto il mondo la giornata della Terra, con l’emergenza climatica al centro delle iniziative (da noi se ne è parlato quasi solo per il “concerto a impatto zero” di Ben Harper a Piazza del Popolo).
Circa un mese addietro, il 28 marzo, più di 1000 città in oltre 80 Paesi, hanno spento le luci per chiedere politiche di risparmio energetico nell’ora della Terra.
Il premio Nobel Al Gore e Carlo d’Inghilterra percorrono il pianeta in lungo e in largo spiegando che non c’è tempo da perdere nella diminuzione delle emissioni di CO2, massime responsabili delle modificazioni climatiche, affermando che abbiamo si e no vent’anni per rimettere in sesto una situazione altrimenti irreparabile.
E da noi?
Noi abbiamo Antonio D’Alì, presidente della commissione ambiente del Senato, che insieme ad altri 36 senatori del Pdl ha presentato una mozione, approvata il 1 aprile (il caso ha messo lo zampino sulla data), nella quale si sostiene come il rapporto tra temperatura e concentrazione di CO2 non sia chiaro, che addirittura il riscaldamento terrestre potrebbe portare dei benefici, che bisognerebbe condurre la Commissione europea a più miti consigli, che “più proficuo potrebbe essere destinare le risorse disponibili, inevitabilmente limitate, all’adattamento a tale riscaldamento e alla promozione di interventi sul territorio finalizzati all’efficienza energetica, all’edilizia ecovirtuosa (…)”.
Che il senatore D’Alì non abbia grande rispetto per il lavoro di Parlamento e Commissione europea lo abbiamo capito, più difficile immaginare cosa intenda per edilizia ecovirtuosa (solarium sui tetti e sale hobby in giardino?). Dovrebbe intanto spiegare alla piattaforma Wilkins in Antartide come “adattarsi al riscaldamento”, mentre lei si sbriciola e continua a perdere pezzi: le immagini satellitari dell’Esa (European Space Agency) meritano almeno un’occhiata.