categorie: la mia idea di giustizia
Pochi giorni fa avevo scritto della visita del Presidente Napolitano a Tor Vergata e dell’intervista in cui ha affermato che nell’Ateneo si respira una bella aria, diversamente dalla bolgia che alligna altrove.
In molti ci siamo stupiti e ribellati a questa lettura del Presidente della Repubblica che ignora, o finge di ignorare, il clima che davvero si respira nelle università e nella città di Roma.
L’ultimo terribile esempio di tale situazione è quanto accaduto a Tor Vergata lunedì mattina a margine di un convegno organizzato dal “Comitato solidarista Popoli” (fondatore Franco Nerozzi*), vicino ai gruppi di “Casa Pound” e “Blocco studentesco”. Il convegno, finanziato tra i programmi culturali dell’Ateneo, era stato contestato dagli studenti del “Collettivo Lavori in corso”, i quali si apprestavano a fare un volantinaggio contrario all’iniziativa fuori dal Rettorato e dalla facoltà di Giurisprudenza, dove il convegno era in corso.
Prima ancora di iniziare il volantinaggio, gli studenti sono stati accerchiati e aggrediti da un gruppo di circa cinquanta attivisti delle organizzazioni neofasciste: inseguiti, colpiti a cinghiate e feriti pesantemente**.
Il Presidente Napolitano dovrebbe informarsi: questa è l’aria che respirano troppo spesso gli studenti e i cittadini di Roma e non aiutano certe affermazioni e decisioni che fanno apparire legittime tutte le posizioni, anche quelle che la nostra Costituzione ha dichiarato fuori legge.
Aggressioni e atti violenti in questa città si contano con sempre maggiore frequenza; a farne le spese sono giovani, gay, immigrati, coloro che agli occhi di alcuni rappresentano una diversità inconciliabile, una ricchezza incomprensibile, una gioia di vivere lontana mille miglia dalle parole e dalle azioni intolleranti, razziste e fasciste che saturano l’aria che Napolitano non ha respirato.
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Aggiornamenti del 13.10.2010.
* Franco Nerozzi, differentemente da quanto avevo inizialmente scritto, fu arrestato e poi rinviato a giudizio dalla procura di Verona per reati quali l’associazione con finalità di terrorismo internazionale, l’eversione dell’ordine democratico, la violazione della legge sui mercenari. Nel maggio del 2005 Nerozzi patteggiò la pena a un anno e dieci mesi di reclusione (non una condanna, come avevo scritto, anche se il patteggiamento non è un’assoluzione).
** In seguito agli avvenimenti di marzo a Tor Vergata, 7 studenti erano stati posti agli arresti domiciliari nel mese di aprile e rilasciati dopo 14 giorni in seguito alla sentenza del Tribunale del Riesame. Caduta l’imputazione per rissa aggravata (che metteva sul medesimo piano aggrediti e aggressori), c’è da augurarsi che ora vengano perseguiti i responsabili delle lesioni personali ai danni di cinque studenti dell’Ateneo.
Il Presidente della Repubblica, in visita a Tor Vergata, ha detto, compiaciuto: “Qui si è respirata una bella aria, altrove c’è la bolgia“.
Non so a cosa si riferisse Napolitano, non avrei comunque potuto saperlo.
La conferenza per il 150 anno dell’Unità d’Italia alla quale il Presidente è intervenuto, organizzata dalla Facoltà di Lettere dell’Università presso cui insegno da cinque anni, era infatti riservata ai soli invitati, ai docenti ordinari e senatori accademici dell’Ateneo.
Preclusa quindi ai docenti a contratto, ai ricercatori, agli studenti. Anzi, la Facoltà per l’occasione è stata proprio chiusa a tutti coloro che la animano quotidianamente, le persone che rendono le università quei luoghi aperti alla ricerca, alla condivisione e produzione del sapere.
Forse al Presidente farebbe bene una maggiore disponibilità all’incontro e al confronto con i giovani che dovrebbero rappresentare il futuro del nostro Paese.
Nel video qui sotto la visita di Napolitano all’Università della Calabria l’anno scorso. Anche in quella occasione, nella platea tanti politici e accademici…
A che punto siamo?
Conviene ricapitolare, ché la matassa è imbrogliata assai.
1) La lista del Pdl non presentata nei termini, e perciò esclusa dall’ufficio elettorale del tribunale elettorale e poi dalla Corte d’Appello, non è stata riammessa dal Tar ieri; nella decisione, i giudici dicono di non aver tenuto conto del decreto salva-liste poiché nel Lazio la materia elettorale è disciplinata dalla legge regionale 2/2005 e non può esserlo da norme nazionali. Tale decisione è stata contestata dal Pdl attraverso la volontà di ricorrere al Consiglio di Stato il quale dovrà decidere entro il 6 maggio (quindi non necessariamente prima dello svolgimento delle elezioni), eventualmente mettendo in discussione l’esito elettorale.
2) Ora la palla è tornata all’ufficio elettorale del Tribunale. Qui la lista è stata riconsegnata ieri e il Pdl spera in una sua ammissione grazie al decreto salva-liste. Il parere sarà emesso in giornata.
Cosa può accadere?
1. La lista non viene ammessa: perché non è dimostrabile che il contenuto del faldone non sia stato manomesso da sabato scorso (anzi, parrebbe proprio che ciò sia avvenuto, alimentando il mistero della scatola) e perché si considera inapplicabile il decreto, stante la normativa regionale.
2. La lista viene ammessa, in nome del decreto salva-liste. In questo caso, sono già annunciati i ricorsi della giunta regionale del Lazio (per conflitto di competenza con la legge elettorale regionale) e delle opposizioni (anche per le irregolarità di cui sopra).
3. Le elezioni vengono rinviate solo nel Lazio per intervento del governatore provvisorio della regione Esterino Montino, oppure il rinvio riguarderà tutte le regioni attraverso una decisione nazionale.
In ogni caso ci troviamo e ci troveremo in una situazione di estrema incertezza, determinata anche dai ricorsi già avanzati da diverse giunte regionali. Se accolti dalla Consulta, ad elezioni già svolte, quei ricorsi potrebbero condurre all’invalidazione dell’intero risultato elettorale.
Ha ragione Ciampi: tutto questo si sarebbe potuto evitare se solo ci fosse stata l’umiltà di ammettere gli errori (chiamiamoli così) compiuti ed evitando di sommare arroganza e pasticci, in una serie interminabile di offese della giustizia e delle più elementari regole della convivenza civile. E si fosse espressa la capacità di svolgere, per una volta, una funzione dirigente e responsabile nei confronti del Paese: quella funzione che i cittadini si aspettano, a prescindere dal colore del governo in carica.
Il Presidente Napolitano per ora ha detto NO. Berlusconi, nell’incontro di ieri sera, gli ha proposto un decreto che sposti di qualche giorno la data delle elezioni e consenta di riammettere tutte le liste escluse.
Napolitano ha detto pure “aspettiamo le sentenze dei TAR”, i tribunali regionali che stanno vagliando, in Lombardia e nel Lazio, l’ammissibilità o meno delle liste nella prossima competizione elettorale. Cosa possiamo aspettarci da queste sentenze, a soli 23 giorni dal voto?
Ipotesi 1: tutte le liste vengono riammesse. Si tratta di una possibilità ritenuta assai improbabile.
Ipotesi 2: in Lombardia viene esclusa la lista Formigoni e con essa tutte le liste apparentate; nel Lazio viene esclusa la sola lista del Pdl. In questo caso, in Lombardia gli elettori del centro destra si troverebbero privi dei partiti di riferimento da votare, mentre nel Lazio potrebbero far convergere i loro voti sulle liste della candidata Polverini e degli altri partiti apparentati.
Ipotesi 3 (data per probabile questa mattina da diversi commentatori): la lista Formigoni in Lombardia viene riammessa, dunque in quella regione gli elettori del Pdl avrebbero il loro candidato da votare. Nel Lazio, invece, viene confermata l’assenza della lista Pdl dalla provincia di Roma per mancata presentazione ma restano tutte le altre di sostegno a Renata Polverini.
Tutti e tre questi scenari hanno una sola e unica causa: la superficialità e l’arroganza di coloro che avrebbero potuto e dovuto rispettare la legge e non lo hanno fatto, confidando nella possibilità di “sistemare” le cose nel solito modo, aggirandola o cambiandola come gli fa più comodo. E il risultato è che, ancora una volta, non si discutono problemi e soluzioni che partiti e candidati propongono ai cittadini e gli elettori vengono ridotti a spettatori.
Il risultato è che non si parla degli sviluppi dell’inchiesta sulla protezione civile o delle limitazioni alla libertà cui è sottoposta l’informazione della Rai.
In tutti i casi, le grida sconnesse che provengono da molti esponenti della destra, “rapina”, “siamo pronti a tutto”, “daremo una prova di forza”, dovrebbero rivoltarsi contro quei signori dei loro partiti le cui faccione ancora campeggiano sui muri delle nostre città.
Quelli che hanno già speso decine e decine di migliaia di euro per assicurarsi un seggio in consiglio regionale continuando a fare da lì i propri interessi e non certo quello dei cittadini che li avrebbero votati; quelli che li manovrano, finanziando le campagne elettorali loro e quelle dei candidati presidenti: è dedicata a loro la legge che pensano di partorire. E con loro se la dovrebbero prendere gli elettori del centro destra eventualmente impossibilitati a votarli.
Siamo alle solite: in questo Paese, per alcuni, il rispetto della legge è un optional. In fila ci sta sempre qualcun altro: loro c’hanno di meglio da fare.