A che punto siamo?
Conviene ricapitolare, ché la matassa è imbrogliata assai.
1) La lista del Pdl non presentata nei termini, e perciò esclusa dall’ufficio elettorale del tribunale elettorale e poi dalla Corte d’Appello, non è stata riammessa dal Tar ieri; nella decisione, i giudici dicono di non aver tenuto conto del decreto salva-liste poiché nel Lazio la materia elettorale è disciplinata dalla legge regionale 2/2005 e non può esserlo da norme nazionali. Tale decisione è stata contestata dal Pdl attraverso la volontà di ricorrere al Consiglio di Stato il quale dovrà decidere entro il 6 maggio (quindi non necessariamente prima dello svolgimento delle elezioni), eventualmente mettendo in discussione l’esito elettorale.
2) Ora la palla è tornata all’ufficio elettorale del Tribunale. Qui la lista è stata riconsegnata ieri e il Pdl spera in una sua ammissione grazie al decreto salva-liste. Il parere sarà emesso in giornata.
Cosa può accadere?
1. La lista non viene ammessa: perché non è dimostrabile che il contenuto del faldone non sia stato manomesso da sabato scorso (anzi, parrebbe proprio che ciò sia avvenuto, alimentando il mistero della scatola) e perché si considera inapplicabile il decreto, stante la normativa regionale.
2. La lista viene ammessa, in nome del decreto salva-liste. In questo caso, sono già annunciati i ricorsi della giunta regionale del Lazio (per conflitto di competenza con la legge elettorale regionale) e delle opposizioni (anche per le irregolarità di cui sopra).
3. Le elezioni vengono rinviate solo nel Lazio per intervento del governatore provvisorio della regione Esterino Montino, oppure il rinvio riguarderà tutte le regioni attraverso una decisione nazionale.
In ogni caso ci troviamo e ci troveremo in una situazione di estrema incertezza, determinata anche dai ricorsi già avanzati da diverse giunte regionali. Se accolti dalla Consulta, ad elezioni già svolte, quei ricorsi potrebbero condurre all’invalidazione dell’intero risultato elettorale.
Ha ragione Ciampi: tutto questo si sarebbe potuto evitare se solo ci fosse stata l’umiltà di ammettere gli errori (chiamiamoli così) compiuti ed evitando di sommare arroganza e pasticci, in una serie interminabile di offese della giustizia e delle più elementari regole della convivenza civile. E si fosse espressa la capacità di svolgere, per una volta, una funzione dirigente e responsabile nei confronti del Paese: quella funzione che i cittadini si aspettano, a prescindere dal colore del governo in carica.
Lo hanno fatto, e Napolitano lo ha firmato.
Un salto indietro, in obbedienza alle leggi dei potenti e prepotenti.
Il Presidente Napolitano per ora ha detto NO. Berlusconi, nell’incontro di ieri sera, gli ha proposto un decreto che sposti di qualche giorno la data delle elezioni e consenta di riammettere tutte le liste escluse.
Napolitano ha detto pure “aspettiamo le sentenze dei TAR”, i tribunali regionali che stanno vagliando, in Lombardia e nel Lazio, l’ammissibilità o meno delle liste nella prossima competizione elettorale. Cosa possiamo aspettarci da queste sentenze, a soli 23 giorni dal voto?
Ipotesi 1: tutte le liste vengono riammesse. Si tratta di una possibilità ritenuta assai improbabile.
Ipotesi 2: in Lombardia viene esclusa la lista Formigoni e con essa tutte le liste apparentate; nel Lazio viene esclusa la sola lista del Pdl. In questo caso, in Lombardia gli elettori del centro destra si troverebbero privi dei partiti di riferimento da votare, mentre nel Lazio potrebbero far convergere i loro voti sulle liste della candidata Polverini e degli altri partiti apparentati.
Ipotesi 3 (data per probabile questa mattina da diversi commentatori): la lista Formigoni in Lombardia viene riammessa, dunque in quella regione gli elettori del Pdl avrebbero il loro candidato da votare. Nel Lazio, invece, viene confermata l’assenza della lista Pdl dalla provincia di Roma per mancata presentazione ma restano tutte le altre di sostegno a Renata Polverini.
Tutti e tre questi scenari hanno una sola e unica causa: la superficialità e l’arroganza di coloro che avrebbero potuto e dovuto rispettare la legge e non lo hanno fatto, confidando nella possibilità di “sistemare” le cose nel solito modo, aggirandola o cambiandola come gli fa più comodo. E il risultato è che, ancora una volta, non si discutono problemi e soluzioni che partiti e candidati propongono ai cittadini e gli elettori vengono ridotti a spettatori.
Il risultato è che non si parla degli sviluppi dell’inchiesta sulla protezione civile o delle limitazioni alla libertà cui è sottoposta l’informazione della Rai.
In tutti i casi, le grida sconnesse che provengono da molti esponenti della destra, “rapina”, “siamo pronti a tutto”, “daremo una prova di forza”, dovrebbero rivoltarsi contro quei signori dei loro partiti le cui faccione ancora campeggiano sui muri delle nostre città.
Quelli che hanno già speso decine e decine di migliaia di euro per assicurarsi un seggio in consiglio regionale continuando a fare da lì i propri interessi e non certo quello dei cittadini che li avrebbero votati; quelli che li manovrano, finanziando le campagne elettorali loro e quelle dei candidati presidenti: è dedicata a loro la legge che pensano di partorire. E con loro se la dovrebbero prendere gli elettori del centro destra eventualmente impossibilitati a votarli.
Siamo alle solite: in questo Paese, per alcuni, il rispetto della legge è un optional. In fila ci sta sempre qualcun altro: loro c’hanno di meglio da fare.