Anche se pare che un quotidiano locale titolasse proprio così qualche mese fa: “Gli africani hanno trovato qui il loro eldorado“.
Forse, piuttosto che inseguire le penose diatribe dei vari Rutelli, Sartori e compagnia, seppur con nobili ed efficaci intenti (come avviene qui), varrebbe la pena andarsi tutti a leggere (o rileggere) Frantz Fanon e Aimé Césaire, che reclamava la propria e altrui parola per quei
“milioni di uomini ai quali sono stati sapientemente inculcati la paura, il complesso di inferiorità, l’ansia, la sottomissione, la disperazione, il servilismo” (Discorso sul colonialismo).
E Intanto, potremmo esercitarci almeno nelle dichiarazioni di solidarietà, come ha fatto oggi Sandro Dazieri, anziché accontentarci delle comode e interessate semplificazioni del ministro Maroni.
Oggi ho partecipato, da osservatrice (in quanto indipendente) alla riunione dell’esecutivo regionale dell’Idv del Lazio. Potessi dettare un comunicato, sarebbe questo.
Come Idv ci sentiamo ancora impegnati a sostenere una persona candidata al governo della regione (Emma Bonino o altri) che sia espressione della coalizione di centro sinistra. Ci auguriamo che questo nome emerga da una consultazione, come le primarie, in grado di garantire una deliberazione ampia e democratica, valida oggi come in futuro, che renderebbe trasparenti e condivise scelte oggi confinate in stanze separate dalla vita e dai problemi reali dei cittadini italiani.
Il Pd ha il dovere di sollevarsi dal torpore e dare risposte a noi e agli altri partiti possibili alleati, ma soprattutto ai cittadini. Indichi il candidato o indica le primarie, ma lo faccia subito.
Luisa Capelli (forse candidata al Consiglio regionale del Lazio con Italia dei Valori)
PS: il punto interrogativo del titolo indica la mia posizione di “forse candidata”. Se fosse sciolta ogni riserva il comunicato lo avrei scritto così.
Integrazione delle 23: l’ipotesi primarie non sembra remota come appariva stamani.
La differenza la fanno le persone: la loro storia, il loro impegno, le posizioni che hanno assunto nei casi che la vita ha prospettato loro.
Nomi che “sono un programma”, come quelli di Emma Bonino, di Loretta Napoleoni, di Renato Nicolini; nomi che pesano come macigni sull’indeterminazione del Pd e sulla sua incapacità di sottrarsi allo scacco in cui viene mantenuto dall’Udc (con tempestivi sondaggi di sostegno).
Persone che reclamano a gran voce una competizione trasparente prima che sia troppo tardi; che non hanno altri vincoli cui obbedire se non quelli dettati dalla volontà di agire in nome e per conto degli elettori che dovessero votarli.
I “mandati esplorativi” avviati in questi giorni nel Lazio e in Puglia prefigurano tutt’altra modalità di individuarle, le persone: in luogo di programmi, idee e storie a sfidarsi sul campo, accordi separati, padrini redivivi e compagni di merende.
Non se ne può più.
Uno spettacolo sconfortante, quello cui stiamo assistendo nel centro sinistra in vista delle prossime elezioni regionali.
I risultati delle europee di giugno, la bocciatura del lodo Alfano, l’irrompere dello straordinario popolo viola, e, soprattutto, le drammatiche emergenze che affliggono il Paese, lasciavano sperare che nel centro sinistra si trovasse finalmente il coraggio di voltare pagina e restituire alla politica la dignità che cupidigia e insipienza le hanno sottratto troppo a lungo.
Invece si persevera, e siamo costretti ad assistere al consueto teatrino di, più o meno palesi, incontri al vertice, veti incrociati e accordi privati.
Alla paralisi si alterna la zuffa, ma il risultato è ovunque a somma negativa: Lazio vs Puglia 0 a 0. E mentre sotto i riflettori continuiamo a vedere i comprimari, i protagonisti restano quei signori sempreverdi, affaristi della sanità, delle costruzioni, dei rifiuti (Angelucci, Caltagirone, Cerroni, per tacere i nomi delle famiglie criminali) che ormai nella politica fanno il buono e cattivo tempo.
Le primarie, che avrebbero almeno il pregio di avviare una discussione trasparente, rimangono per ora un desiderio: candidature e coalizioni si decidono a trattativa privata.
Per questo ho scelto di sostenere Loretta Napoleoni come candidata alla guida della regione Lazio: la sua competenza è indiscussa, la sua distanza da certe stanze del potere una garanzia, il suo coraggio esemplare nella palude di pavidità che ci circonda.
Sarò diffidente, ma non mi piace.
Anzitutto perché dovremmo decidere cosa si intenda per autoregolamentazione (e la storia di questa pratica, in Italia, non è proprio edificante).
Poi, perché essa dovrebbe essere discussa e concordata con i diretti interessati, e al Ministero degli Interni ieri non c’era un blogger o un qualsivoglia rappresentante (ammesso che ci sia qualcuno legittimato a decidere per tutti) degli utenti della rete. Infatti, più correttamente, il Corriere titola “regolamentazione del web“.
Infine, perché porre nelle mani di pochi – governanti o imprenditori che siano – l’autorità per decidere buoni e cattivi contenuti può rapidamente condurre a stabilire chi siano i buoni e i cattivi utenti: e le liste dei cattivi non portano, come è noto, a nulla di buono.
Che si sia per ora rinunciato al “giro di vite” per colpire i social network, non vuol dire affatto che si siano abbandonati i progetti di controllo e limitazione della libertà in rete, basta scorrere le proposte di legge giacenti in parlamento (e l’Italia non è sola, si vedano le ambiguità contenute nel “pacchetto telecom” recentemente approvato dal Parlamento europeo).
La battaglia culturale sulla banda larga, per una nuova disciplina del diritto d’autore, per considerare la rete – e tutto ciò, anche di pessimo, che contiene – un bene comune irrinunciabile, è in pieno svolgimento.
Le ragioni per essere in Piazza del Popolo oggi alle 17 a Roma restano tutte: Libera rete in libero Stato.
Da solerte custode della legalità, il senatore del Pdl Raffaele Lauro interviene con un suo disegno di legge al fine di punire severamente (da tre a dodici anni di reclusione) “chi istiga a commettere delitti contro la vita e l’incolumità delle persone o ne fa apologia”. E aggiunge che “se il fatto è commesso avvalendosi di comunicazione telefonica o telematica (internet e social network), la pena è aumentata”.
Senza entrare nel merito del disegno di legge, per ora noto solo attraverso le sintesi di stampa, valgono su questo ennesimo provvedimento le considerazioni fatte più volte e che indicano nei magistrati gli unici titolati a comminare sanzioni per reati di qualsiasi tipo compiuti sulla rete. Ci sarà da capire quale perversa logica dovrebbe però condurre ad aumentare la pena nel caso in cui il reato sia stato compiuto su Internet piuttosto che sulla pelle di qualcuno.
Confidiamo nel senatore Lauro, poiché lui, della rete, è uno che se ne intende.
Si è infatti occupato, attraverso una mozione recentemente presentata, dei “nativi digitali” (i nati nell’era di Internet), auspicando l’avvio di “un metodo di confronto fra famiglie e scuole” e l’assunzione di “una prospettiva culturale complessa, ponendo attenzione a un itinerario di uso progressivamente più autonomo, in cui la sorveglianza dell’adulto sfumi in modo consapevole verso l’attribuzione di una responsabilità progressivamente più piena ai giovani”.
Sembrerebbe il richiamo dettato dal buon senso di un moderato padre di famiglia, ma l’ansia per le potenzialità nascoste nella rete appare nella sua pienezza quando il nostro parla degli effetti del divario digitale tra genitori e figli:
“Altri effetti, più subdoli e altrettanto pericolosi sono lì a minare le basi delle nostre certezze. Il primo effetto del digital divide generazionale è quello di ribaltare i ruoli: il genitore dovrebbe naturalmente avere la funzione di insegnare ai figli come stare al mondo. Il digitale lo mette nella funzione di colui che deve apprendere dal figlio, con conseguente perdita di autorevolezza. Chi nella scala sociale era up diventa down, e viceversa. Questo non è un bene né per i genitori, né per i figli, come lo psicologo e il buon senso potranno dimostrare”.
Altro che “prospettiva culturale complessa”: Lauro è ansioso di ripristinare l’ordine rassicurante dell’autorità familiare e il “corretto” rapporto tra le generazioni.
Ma c’è dell’altro. “Ciò che sfugge ancora alla generazione adulta, mentre i giovani lo sanno senza bisogno di apprendimenti specifici, è la capacità di appropriarsi fino in fondo delle infinite possibilità relazionali, della creatività nuova e diversa offerta dagli strumenti, in altre parole la capacità di creare nuovi modi e mondi di relazione”.
Questa possibilità di creare nuovi modi e mondi di relazione, liberi dal controllo di chicchessia, è ciò che il senatore Lauro e molti altri temono della rete.
E il disegno di legge appena presentato non è che un atto della guerra aperta su più fronti – dal diritto d’autore alla delega ai provider sul controllo dei contenuti, dalle limitazioni allo streaming al contrasto dell’anonimato, eccetera eccetera – che questi signori hanno dichiarato contro Internet.
Per questo mercoledì 23 dicembre, alle 17.00, ci troveremo a Roma, in Piazza del Popolo, ad affermare la nostra determinazione nel volere una Libera rete in libero Stato.