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Sabato 23 febbraio ho partecipato al primo degli otto incontri del corso “di sopravvivenza editoriale” Aspetta primavera, stronzo organizzato dall’Agenzia letteraria Vicolo Cannery, un’iniziativa che provocatoriamente mette i piedi nel piatto della moltiplicazione di corsi a tema editoria. Ne condivido intenti e organizzazione e ringrazio per l’invito che mi è stato rivolto.
[Update: per chi non ha partecipato agli incontri già svolti, @rivista_flaneri, li ha raccontati con il live tweeting e realizzato gli storify che trovate qui.]Oltre a sproloquiare sugli argomenti di cui mi occupo da anni, come il mercato editoriale e le perversioni che lo contraddistinguono, specialmente in Italia, mi sono detta che un buon contributo sarebbe stato di proporre agli aspiranti redattori-editor-ufficistampa una piccola lista di testi di riferimento che ritengo importanti per iniziare a conoscere il mondo editoriale dei libri, italiano e non solo.
Si tratta di un inizio di bibliografia, affatto esaustivo, che mi auguro verrà accresciuto presto con il contributo di tanti, a partire dai commenti a questo post e dalle ulteriori informazioni che io stessa mi impegno a sistemare nei prossimi mesi. Mi sono limitata a lavori nati in italiano o tradotti nella nostra lingua: una prima opera di revisione la effettuerò con l’integrazione dei testi fondamentali disponibili in altre lingue.
Molti dei testi della lista sono presenti nella mia libreria su Anobii, dove se ne trovano anche diversi altri, utili ad approfondire aspetti specifici, ad esempio l’editoria digitale.
Presentando questo “seme” di bibliografia, ho suddiviso le opere per temi; si tratta di una suddivisione arbitraria, di comodo, utile alla necessità di orientare lettrici e lettori che incontrano per la prima volta tali argomenti. Anche tale organizzazione mi auguro verrà migliorata con il contributo di molti (ad esempio, con indispensabili integrazioni sulla grafica editoriale).
Diversi tra gli autori citati hanno dedicato ricerche, saggi e volumi ulteriori oltre quelli elencati qui; tra questi Gian Carlo Ferretti, André Schiffrin, Giovanni Ragone, Alberto Cadioli, dei quali consiglio di esplorare le intere bibliografie. Nei casi in cui il testo sia disponibile gratuitamente on line, in tutto o in parte, ho inserito il link. Non ho inserito, ma sono certa la lacuna verrà presto colmata, libri ed ebook pubblicati di recente e firmati da editori come Sandro Ferri, Marco Cassini e altri.
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Un primo blocco può essere costituito dai testi letterari, moltissimi. Ho scelto, per iniziare, da tre libri di Luciano Bianciardi che insieme costituiscono una sorta di trilogia. Sono tre libri a mio parere fondamentali per comprendere organizzazione e meccanismi di funzionamento dell’industria culturale in Italia, mettendo al centro il corpo vivo di coloro che lavorano in questo settore.
- Luciano Bianciardi, 1960, L’integrazione, Milano, Feltrinelli.
- Luciano Bianciardi, 1962, La vita agra, Milano, Feltrinelli.
- Luciano Bianciardi, 1964 (prima ed. 1957), Il lavoro culturale, nuova edizione con un ripensamento, Milano, Feltrinelli.
Un secondo gruppo di testi è dedicato alle ricognizioni storiche e storico critiche sull’editoria italiana e internazionale.
- Alberto Cadioli, 2003, Letterati editori. L’industria culturale come progetto, Milano, Net.
- Robert Darnton, 2009, The Case for Books. Past, Present, and Future, tr. it. 2011, Il futuro del libro, Milano, Adelphi.
- Elisabeth Eisenstein, 2005 (sec. ed.), The printing revolution in early modern Europe, Cambridge (UK)-New York, Cambridge University Press, trad. it. 2011, Le rivoluzioni del libro. L’invenzione della stampa e la nascita dell’età moderna, Bologna, il Mulino.
- Gian Carlo Ferretti, 2004, Storia dell’editoria letteraria in Italia 1945-2003, Torino, Einaudi.
- Giovanni Ragone, 2009, Classici dietro le quinte, Storie di libri e di editori, da Dante a Pasolini, Roma-Bari, Laterza.
- André Schiffrin, 1999, L’Édition sans éditeurs, Paris, La Fabrique; tr. it. 2000, Editoria senza editori, Bollati Boringhieri.
- Giuliano Vigini, 2004, L’editoria in tasca, Milano, Editrice bibliografica (vedi anche i Rapporti e i volumi di Storia dell’editoria).
Un terzo insieme è formato da biografie, autobiografie ed epistolari: lavori che raccolgono testimonianze preziose dei protagonisti dell’editoria italiana del Novecento.
- Italo Calvino, Carlo Fruttero, 1991, a cura di Giovanni Tesio e Carlo Fruttero, I libri degli altri, Torino, Einaudi.
- Italo Calvino, 1993, a cura di Luca Clerici e Bruno Falcetto, Calvino e l’editoria, Milano, Marcos y Marcos.
- Severino Cesari, 1991, Colloquio con Giulio Einaudi, Torino, Einaudi.
- Grazia Cherchi, 1997, Scompartimento per lettori taciturni: Articoli, ritratti, interviste, prefazione di Giovanni Giudici, introduzione di Piergiorgio Bellocchio, Milano, Feltrinelli.
- Gian Carlo Ferretti, 1992, L’editore Vittorini, Torino, Einaudi.
- Vito Laterza, 2002, Quale editore. Note di lavoro, Roma-Bari, Laterza.
- Cesare Pavese, Silvia Savioli (a cura), 2008, Officina Einaudi. Lettere editoriali 1940-1950, Torino, Einaudi.
- Cesare Pavese, Ernesto De Martino, 1991, La collana viola. Lettere 1945-50 (a cura di Pietro Angelini), Torino, Bollati Boringhieri.
C’è poi una porzione di testi dedicati alla critica dell’industria editoriale.
- Andrea Cortellessa (a cura), 2007, Bibliodiversità, “Il verri”; n. 35, ottobre 2007, Milano, Monogramma.
- AA.VV., 2012, La responsabilità dell’autore, ebook di Nazione indiana.
- AA.VV., 2012, Alfalibro, supplemento speciale al n. 19 di alfabeta2, maggio 2012, in collaborazione con Generazione TQ.
- :duepunti, 2012,
Fare libri oggi2.0. Essere editori oggi, Palermo, :duepunti. - Generazione TQ, 2011, Manifesto sull’editoria.
- Osservatorio degli editori indipendenti, 2012, Manifesto.
- Domenico Scarpa, 2011, “Il plusvalore di un libro ben fatto“, in AA.VV. 2011, Dove siamo, Palermo, :duepunti.
Sul diritto d’autore e la sua necessaria evoluzione alla luce della diffusione delle tecnologie digitali, consiglio di iniziare da questo breve testo e quindi di seguire, per esempio, il dibattito svolto in rete dalla comunità che si raccoglie attorno alle Licenze Creative Commons.
- Cory Doctorow, 2008, Content: Selected Essays on Technology, Creativity, Copyright, and the Future of the Future; tr. it. 2010, Content, Milano, Apogeo.
In una rassegna a uso di potenziali lavoratrici e lavoratori del settore editoriale non possono mancare i manuali. Ne ho scelti pochissimi, ma preciso che chiunque intenda lavorare in questo ambito si troverà a consultare costantemente dizionari, enciclopedie, vocabolari e manuali di stile, di carta o di bit (Luisa Carrada, nel sito Mestiere di scrivere, ad esempio, ha scritto o raccolto alcune guide utili).
- Paola Dubini, 1997 (seconda ed. aggiornata e ampliata 2001), Voltare pagina. Economia e gestione strategica nel settore dell’editoria libraria, Milano, Etas.
- Enrico Mistretta, 2006, L’editoria. Un’industria dell’artigianato, Bologna, il Mulino (vedi anche Dario Moretti – Il lavoro editoriale, Oliviero Ponte di Pino – I mestieri del libro e altri).
- Mariuccia Teroni, 2007, Manuale di redazione, Milano, Apogeo.
Quando ci concentriamo sulle forme della scrittura e il funzionamento della macchina editoriale, non possiamo dimenticare per chi scriviamo e lavoriamo; per questo è utile una ricognizione sulle dimensioni e le forme della lettura in Italia, e sui diritti dei lettori.
- Antonella Agnoli, 2009, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà, Roma-Bari, Laterza.
- Tullio De Mauro, 2013 (nuova edizione), La cultura degli italiani, Roma-Bari, Laterza.
- Finzioni, 2011, Il libretto rosa di Finzioni.
- Giovanni Solimine, 2011, L’Italia che legge, Roma-Bari, Laterza.
Le teorie e le pratiche della traduzione hanno dato luogo, negli ultimi anni, alla nascita di scuole, corsi, pubblicazioni e iniziative di associazione dei traduttori editoriali. Il consiglio è quindi di seguire, anzitutto, quanto si produce all’interno dei Translation Studies e partire con due letture che offrono una cornice alle maggiori discussioni nel settore.
- Franco Fortini, 2011, Lezioni sulla traduzione, Macerata, Quodlibet.
- Lawrence Venuti, 2004, The Translator’s Invisibility, New York, Routledge.
Un ultimo nucleo di testi riguarda qualche spunto per iniziare a ragionare di editoria digitale.
- Luisa Capelli, 2012, L’editoria libraria nella transizione al digitale: prospettive e criticità.
- EFFe (a cura), 2011, La lettura digitale e il web, Milano, Ledizioni.
- Sara Lloyd, 2008, Il Manifesto dell’editore del XXI secolo, Simplicissimus Book Farm.
- Sergio Maistrello, 2011, Il lettore che sto diventando, “Apogeonline”.
- Gino Roncaglia, 2012, L’editoria fra cartaceo e digitale. I numeri e le ragioni di una crisi, Milano, Ledizioni.
Tra le risorse importanti cui fare riferimento vi sono riviste, blog e magazine on line. Inizio segnalando quelli, italiani, che considero fondamentali.
- alfabeta2
- doppiozero
- giap
- il lavoro culturale
- l’indice dei libri
- le parole e le cose
- lipperatura
- minima et moralia
- nazione indiana
- rete dei redattori precari
- scrittori in causa
- tropico del libro
Infine, per non farci mancare nulla, sarebbe utile raccogliere video e documentari. Inizio segnalandone due.
- Luca Archibugi, Andrea Cortellessa, 2010, Senza scrittori, Produzione Rai cinema.
- Ben Lewis, 2012, Google and the World brain, Polar Star Films & BLTV.
Nel numero di luglio di “Altreconomia” è uscito un articolo di Federica Seneghini dal titolo evocativo In libreria come al supermercato.
Federica Seneghini si è scontrata, come molti, con la difficoltà di reperire dati aggiornati sulla situazione del mercato editoriale italiano e, durante la ricerca, si è imbattuta sulle informazioni che da anni raccolgo per lo svolgimento del corso di Economia e gestione delle imprese editoriali all’Università di Tor Vergata.
Con Federica abbiamo avuto un lungo colloquio che ha costituito lo spunto per l’articolo e che mi auguro contribuirà a sollecitare ulteriori ricerche: rendere pubblici dati che in molti conoscono, ma che raramente vengono diffusi dalle principali fonti di informazione, è un obiettivo di trasparenza in grado di contribuire alla conoscenza condivisa e al superamento di iniquità del sistema.
L’articolo, cui si è aggiunto un commento di Paolo Soraci (Ufficio stampa delle Librerie Feltrinelli), è ora disponibile on line e si tratta di un buon punto di partenza per ragionare sul mercato editoriale italiano.
Prendete un libro di Altreconomia. Facciamo che costi 10 euro. 40 centesimi vanno subito in Iva. Un euro circa per la stampa. Altrettanto per editing e grafica. 80 centesimi vanno all’autore. Siamo già a 6,80 euro. Poi Ae decide che quel libro va in libreria. Il distributore nazionale cui si affida chiede il 56% di sconto (lui applicherà alle librerie il 30%). Da quel libro quindi, Ae porta in cassa la bellezza di 1,20 euro. A fine anno però si scopre che il distributore si è visto costretto a fare ulteriori sconti ai librai, in particolare alle grandi catene. Pena, l’esclusione dagli scaffali.
Fatti i conti, lo sconto reale arriva al 63%. Tradotto, per ogni libro da 10 euro ad Ae restano 50 centesimi, il 5%. Vi pare normale?
Continua a leggere qui.
Caro Marco,
sto seguendo con attenzione il dibattito successivo al tuo post e alle precedenti riflessioni di Barillari (e del gruppo TQ).
Anche io ho avuto modo in questi anni di riflettere e discutere del mestiere di editore attraverso l’impegno universitario, oltre che misurandomi quotidianamente con il lavoro editoriale.
Proprio il confronto serrato con gli studenti ha costituito l’occasione per riuscire a cogliere con maggiore profondità di analisi alcuni dei nodi in cui si dibatte l’industria libraria, da un lato prendendo la necessaria distanza dalle contingenze dell’attività editoriale, dall’altro sottraendosi ai periodici (e spesso vacui) tormentoni cui ci trascina il dibattito, più o meno mainstream.
Tenterò, perciò, di ragionare sulle tue riflessioni e sulla tua proposta, riprendendo alcune considerazioni che proponevo più di un anno fa, aggiornandole alla discussione presente che vorrei non si riducesse al sondaggio pro o contro lo slogan del giorno, rischio che tu stesso segnali e dal quale inviti a sottrarsi.
Partirei però proprio da quello slogan, “decrescita editoriale”, poiché in quella formula è insita l’idea che pubblicare meno significhi pubblicare “meglio”. Già la nozione di un meglio (per chi? su quali basi?) è portatrice, se va bene, di pericolosi equivoci; se poi guardo alla mia personale esperienza nella saggistica posso testimoniare che i libri migliori, spesso, nascono dallo scambio e dalla condivisione di una riflessione comune, da un confronto plurale (che di frequente si traduce in altrettanti volumi), piuttosto che dal parto romantico e solitario di un autore (eventualmente accompagnato al suo editor/editore). Questo lavoro collettivo è divenuto oggi assai più evidente grazie alla rete, là dove le persone coltivano specialismi apparentemente autoreferenziali, che osservati meglio si manifestano come nicchie di saperi importanti da coltivare. Come per l’università: quando si ragiona sull’utilità di mantenere un corso, che so, di assirologia, pur essendoci solo due iscritti. Quale sarà l’ateneo che potrà e vorrà permettersi di mantenerlo, in perdita certa per gli attuali parametri di valutazione?
Per la narrativa le cose vanno diversamente? Certo, sui cloni dei vampiri, maghetti o signore in cucina potremmo imporre una moratoria. Ma su che base scegliere la migliore riedizione di un classico? Il marchio editoriale, il prezzo, una certa introduzione, una nuova traduzione? E come esser fiduciosi nella capacità e volontà dell’editoria di sperimentare, pubblicando l’autore ignoto, la ricerca stilistica, i contenuti innovativi, se il budget previsionale segna negativo?
Il fatto è che la conoscenza (l’arte, l’informazione, i saperi…), in quanto bene comune, è irriducibile all’utile (e non solo a quello economico), mentre i sistemi di selezione si basano, oggi, quasi unicamente su quello.
Con gli studenti, quest’anno, abbiamo avviato un blog di recensioni dedicato alle pubblicazioni degli editori indipendenti: per molti di loro, confrontarsi con una produzione tanto ricca quanto semisconosciuta è stata un’autentica sorpresa. Conoscevano alcuni di quegli editori, ne avevano letto qualche libro, ma la dimensione della proposta, in termini di ricerca, cura, scommessa culturale ha rappresentato una scoperta che penso resterà nella loro esperienza di lettori. Come lettori, d’ora in avanti, a prescindere dal canale in cui sceglieranno di compiere i loro acquisti (libreria di catena, indipendente, store on line), sanno che vale la pena cercare oltre le proposte da banco o da vetrina.
Se riteniamo importante consentire di esprimersi a questa pluralità di offerta, alla bibliodiversità, il problema però è come riuscirci, posto che quanto affermato da Gian Arturo Ferrari – pubblicare costa così poco da convenire più di un’indagine di mercato su quello stesso titolo – vale probabilmente per i grandi gruppi editoriali, non certo per editori che con poche decine di migliaia di euro mandano avanti la baracca intera (e forse adottano sistemi diversi dalle indagini di mercato per scegliere i libri da pubblicare).
Il punto è spinoso, poiché anche l’editoria digitale, che altrove sta già offrendo un’alternativa fondamentale alle perverse regole del mercato tradizionale, si troverà a sua volta a fare i conti con forme di concentrazione altrettanto potenti giocate dai grandi player globali – Amazon, Google, iTunes (e tale possibilità mi pare assai più realistica della paventata deriva in cui ciascuno si trovasse a leggere solo se stesso).
La peculiarità dell’editoria digitale – gli ebook in tutti i formati, noti e che verranno – sta nella sua capacità di imporre un ripensamento radicale al ruolo e al lavoro dell’editore: non un comparto del lavoro editoriale (i libri che stampiamo, li produciamo anche in ebook), ma la riconsiderazione delle modalità con le quali pensiamo, progettiamo, scriviamo e pubblichiamo i libri. C’è veramente molto che può essere sperimentato, nonostante le arretratezze strutturali e culturali, e ancora troppo scarse in Italia sono le iniziative (per esempio qui, qui e qui).
Esperienze di questo tipo penso abbiano molto da insegnare sulle modalità con le quali restituire centralità al rapporto con i lettori, un rapporto che nell’editoria digitale vede i ruoli confondersi e oltrepassare le logiche tradizionali; logiche che di frequente, negli ultimi anni, mi si sono mostrate attraverso il paradosso di far sentire inadeguata l’editrice agli occhi della lettrice.
La legge Levi sul prezzo dei libri è un esempio recente e calzante, poiché la “difesa” di editori e librai indipendenti, con il tetto del 15% allo sconto, alla fine, la pagherà proprio quel già esiguo manipolo di lettori (circa 3 milioni dai 6 anni in su) che legge almeno un libro al mese. Ha senso imporre un tetto allo sconto sui libri mentre ogni altra scelta di politica culturale si muove in senso inverso e una parte dei big interessati, sappiamo fin d’ora, per consuetudine con gli svariati conflitti d’interesse, troveranno il modo di “eccepire” alla regola? In altri paesi, il prezzo imposto sui libri si accompagna a investimenti a sostegno di istituzioni pubbliche, librerie, editori e biblioteche (da noi l’Aib denuncia, per il 2011, tagli all’acquisto di libri fino al 35%), a serie (cioè selettive, mirate, attente alla qualità) campagne di promozione della lettura tra i giovani e gli adulti: si chiede ai lettori di pagare un costo in nome di un principio perché Stato e attori economici rispettano quel principio e restituiscono quel costo in altra forma. Il circolo è virtuoso, mentre qui rischia di divenire vizioso come altre forme di protezione corporativa delle quali si giovano soprattutto i soliti noti.
Esempi se ne potrebbero fare altri, a partire dall’oligopolio dell’editoria scolastica, talmente smodato da spingere qualche anno fa l’Antitrust ad aprire un’inchiesta per appurare la presenza di accordi di cartello sui prezzi: abbiamo qualcosa da dire, in proposito? Abbiamo da dire qualcosa sul ruolo dell’Aie, in questa come in altre circostanze, giacché l’associazione parla e agisce a nome di tutti gli editori, non essendoci altre voci rappresentative delle imprese editoriali?
A ragionare sulle questioni emerge una complessità irriducibile, che non si può affrontare solo con i buoni propositi dei singoli (mi dedico scrupolosamente alla raccolta differenziata, ma se il sistema di raccolta dei rifiuti è incoerente con i comportamenti virtuosi, campa cavallo…).
Quando, alla fine del 2008, lanciammo un appello per la sopravvivenza della Meltemi molti colleghi ripeterono per l’ennesima volta la tiritera “è il mercato, baby”, aggiungendo poi che tanto il libro “è anticiclico e si avvantaggia delle crisi” e che quindi la splendida macchina del mercato editoriale sarebbe tornata a brillare. Oggi si è allargata la schiera di quanti sono consapevoli che il mercato non è affatto libero (e quand’anche lo fosse non dà risposte adeguate per i beni comuni) e che lo stato depressivo del nostro Paese è ben più strutturale e profondo di quanto possa essere determinato dalle più acute crisi finanziarie.
Stendiamo pure un decalogo di azioni positive (proposte ne sono state fatte diverse, per esempio qui e qui, e altre in passato), ma non perdiamo di vista l’insieme, che chiede una puntuale analisi critica di scelte politiche e comportamenti imprenditoriali, urgenti proposte e corposi interventi di inversione della rotta.
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Di seguito, i link ad alcuni dei post e articoli sull’argomento che tenterò di mantenere aggiornati:
Alcune modeste proposte per le case editrici, a cominciare dalla mia, di Marco Cassini (pubblicato il 14 luglio 2011, poi il 18 su minimaetmoralia);
Per un patto di decrescita nella produzione delle opere culturali, di Simone Barillari (28 giugno 2011, minimaetmoralia);
L’idea della graduale decrescita editoriale, di Antonio Dini (14 luglio 2011, Il Sole 24 Ore);
Nell’era della decrescita anche l’editoria prova ad adeguarsi, di Francesco Longo (14 luglio 2011, il Riformista);
Premi, Grant e cattedre: idee per il mestiere di scrivere in Italia, di Giordano Tedoldi (14 luglio 2011, minimaetmoralia);
Meno libri, di Luca Sofri (15 luglio 2011, Wittgenstein);
Newton Compton ad Affaritaliani.it: “Sì alla ‘decrescita’, ma servono anche i prezzi più bassi…”, di Antonio Prudenzano (18 luglio 2011, Affaritaliani.it)
Meno titoli per tutti, di Loredana Lipperini (18 luglio 2011, la Repubblica);
Decrescita infelice (per il libraio), di Disagiato (18 luglio 2011, Sempre un po’ a disagio);
Libri, la decrescita felice votata dai grandi editori, di Maurizio Bono(19 luglio 2011, la Repubblica);
“Decrescita felice? Da sempre Feltrinelli non inonda il mercato. E i risultati ci danno ragione, anche in un momento difficile come questo” (intervista a Gianluca Foglia), di Antonio Prudenzano (19 luglio 2011, Affaritaliani.it);
Signore e signori: l’Editoria! – Lettera aperta agli editori, di Luigi Bosco (20 luglio 2011, poesia 2.0);
Simone Perotti e la “decrescita felice” nell’editoria…, di Simone Perotti (20 luglio 2011, Affaritaliani);
Giulio Milani (Transeuropa) e la decrescita felice: “Valorizzare le bibliodiversità”, di Giulio Milani (20 luglio 2011, Affaritaliani);
Editori iperproduttivi e anomalie del mercato, di Marco Cassini (21 luglio 2011, la Repubblica) vedi post e commenti qui: Concentrazioni (21 luglio, Lipperatura);
Salva un libro, uccidi un editore, di Ilaria Bussoni (21 luglio 2011, il manifesto);
“Anomalia italiana nell’editoria intervenga l’Antitrust“, di Andrea Cortellessa (21 luglio 2011, la Stampa);
Editoria: decrescita felice e circoli viziosi, di Cristiano Abbadessa(21 luglio 2011, paperblog);
Ecco perché gli editori pubblicano così tanto, di Gian Arturo Ferrari (22 luglio 2011, la Repubblica) vedi post e commenti qui: I sassi del fondo (22 luglio 2011, Lipperatura);
Sommersi dai libri, di Simone Ghelli (22 luglio 2011, Scrittori precari);
Ma è decrescita o trionfo del bestseller?, di Andrea Libero Carbone (23 luglio 2011, il manifesto);
Autori, editori e librai/2, di lucius (24 luglio 2011, Editing and Publishing);
‘Pubblicare meno, pubblicare meglio’… Pubblicare digitale?, di Maria Cecilia Averame (25 luglio 2011, Maria Cecilia Averame, Quinta di copertina);
De Michelis (Marsilio): “Con Amazon noi editori saremo costretti a produrre di più…”, di Antonio Prudenzano (25 luglio 2011, Affaritaliani).
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[Update 1 agosto 2011]Tener dietro al dibattito, intenso nonostante il periodo, non è affare semplice, anche a causa della pubblicazione, in questi stessi giorni, dei manifesti della generazione TQ. Di questi e le relative discussioni (ricchissime, in rete e sulla stampa) non darò conto qui poiché meritano una riflessione autonoma, anche se intrecciano numerose questioni sollevate dal mio post, come pure da molti tra quelli in elenco.
Va segnalata, però, una sorta di biforcazione del dibattito: mentre attorno ai manifesti TQ si sviluppano analisi e discussioni di politica culturale “generale”, gli altri interventi si concentrano prevalentemente sulla legge Levi e i suoi esiti. Questo ramo della discussione è animato dalla contesa (detto molto a spanne) tra coloro che sostengono necessaria una difesa dell’editoria tradizionale indipendente (piccoli editori, librerie, ecc.) attraverso specifiche forme di protezione, e coloro che ritengono tali provvedimenti illiberali e punitivi (nei confronti dei lettori oltre che verso i concorrenti) e auspicano un’accelerazione della transizione al digitale con conseguente adeguamento degli attori in campo.
Oltre ai link segnalati, ulteriori fonti di aggiornamento possono essere reperite su Twitter, seguendo gli hashtag #LeggeLevi, #editoria, #libri.
Le dimissioni di Guaraldi dall’AIE, di Mario Guaraldi (27 luglio 2011, bibienne);
I conti di Sandro Ferri, di Sandro Ferri (28 luglio 2011, Lipperatura);
Interesse pubblico, di Stefano Chiodi (29 luglio 2011, doppiozero);
Compiti delle vacanze, di matteob (29 luglio 2011, bookrepublic);
Vendere libri con l’aiuto dei pirati, di Giuseppe Granieri (30 luglio 2011, La Stampa);
Legge Anti-Amazon: felicità nella AIE e dimissioni, del Duca di Carraronan (31 lug 2011, Baionette librarie);
La difesa del piccolo libraio?, di Massimo Mantellini (31 luglio 2011, manteblog);
Verso un’ecologia della produzione editoriale, di Simone Barillari (31 luglio 2011, il manifesto);
Cultura non a buon mercato, di Manuel Peruzzo (1 agosto 2011, Il Giornale di Letterefilosofia);
DDL Levi “Nuova disciplina sul prezzo dei libri”, Comunicato dell’Associazione Italiana Biblioteche (1 agosto 2011, ora anche su Nazione Indiana);
Come salvare la nave che affonda?, di Martina Testa (2 agosto 2011, Le reti di Dedalus; anche su minimaetmoralia);
Incompetenti, per fortuna, di noiseFromAmeriKa (3 agosto 2011).
Faccia la cortesia, si Levi, di Massimo Mantellini (3 agosto 2011, manteblog).