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Da qualche giorno, da qualche parte, si discute della data migliore per le elezioni che dovranno rinnovare il Consiglio regionale del Lazio, sciolto il 28 ottobre scorso.
Pare che l’orientamento dei partiti sia quello di confermare la data dell’appuntamento elettorale, fissato in precedenza a domenica 28 e lunedì 29 marzo 2010 per tutte le consultazioni amministrative (Lazio incluso, prima che esplodesse lo scandalo Marrazzo).
Ma per rispondere alla domanda-titolo del post, vediamo cosa stabilisce la legge elettorale.
La legge Regionale n. 2 del 2005, all’articolo 5 recita: “Nei casi di scioglimento del Consiglio regionale, previsti dall’articolo 19, comma 4, dello Statuto, si procede all’indizione delle nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Regione entro tre mesi“. Cioè, il Consiglio deve darsi il tempo di sistemare le faccende urgenti e poi ridare la parola ai cittadini.
La legge n. 108 del 1968, all’articolo 3, comma 6, stabilisce inoltre che “I sindaci dei comuni della regione ne danno notizia agli elettori con apposito manifesto che deve essere affisso quarantacinque giorni prima della data stabilita per le elezioni”. 45 giorni che occorrono allo svolgimento della campagna elettorale.
Dalla data di scioglimento del Consiglio al giorno delle elezioni devono quindi intercorrere al massimo 90 + 45 = 135 giorni. Così arriviamo al 12 marzo: la domenica e il lunedì precedenti rappresentano la data ultima per andare a votare: 7 e 8 marzo.
L’opinione generale, a questo punto, sostiene che i 20 giorni frapposti tra il 7/8 e il 28/29 non giustificano la doppia tornata elettorale e che dunque si deve trovare un accordo politico in seno al Consiglio per rinviare anche le regionali al 28 marzo. A votare due volte, è bene ricordarlo, sarebbero circa venti Comuni e la Provincia di Viterbo (in totale, circa 400mila elettori, l’8% sui 4 milioni e 600mila dell’intera regione).
Effettivamente, se l’alternativa fosse tra il 7 e il 28 marzo si può essere d’accordo sul rinvio, pur essendoci il rischio di eventuali ricorsi se il Consiglio, essendo sciolto, non fosse legittimato a deliberare lo slittamento di data. Ma l’alternativa (come hanno affermato, a onor del vero, alcuni consiglieri regionali del pdl) è tra il 7 marzo e una data molto precedente. Per la legge del 2005, il termine dei tre mesi è un termine entro il quale devono essere indette le elezioni, che dunque avrebbero potuto essere bandite anche lo stesso giorno di scioglimento del Consiglio, mandandoci alle urne già a metà gennaio.
Cosa può o dovrebbe accadere di importante in questi tre mesi per non accelerare la data delle elezioni? Ci sono atti o iniziative che il Consiglio o la Giunta possono assumere per meglio governare la Regione? Possono essere sospese decisioni per avviare approfondimenti e supplementi di indagine prima di procedere alla loro attuazione? Nulla di tutto questo.
Uno dei pochi che potrà assumere delle decisioni è il Commissario alla sanità Elio Guzzanti (l’ottantanovenne professore ed ex ministro, nominato in sostituzione dello stesso Marrazzo); ma vorrà e potrà farlo, senza poter contare sul sostegno della Giunta nelle sue piene funzioni? Di lavoro ne avrebbe, a partire dalla conferma (o revisione) dei decreti emessi da Marrazzo l’estate scorsa, che prevedono la drastica riduzione delle prestazioni sanitarie. Una riduzione che taglierebbe al gruppo San Raffaele della famiglia Angelucci (il deputato pdl Tonino e il figlio Giampaolo, editore di Libero, Riformista e il Tempo) 35 milioni annui di introiti; e che ha provocato la reazione del gruppo stesso: avvio di 500 licenziamenti e messa in vendita del ramo sanitario del gruppo.
Insomma, sono tre mesi durante i quali si governerà poco e l’ordinaria amministrazione (a partire dal bilancio, puramente “tecnico”) non potrà affrontare i reali problemi che interessano la vita dei cittadini della regione. Tutto il contrario di quel che ci servirebbe.
Questi tre mesi, però, occorrono ai partiti per organizzarsi, predisporre le liste, tentare di ritrovare, se l’hanno persa, la barra della propria iniziativa, allestire gli accordi per coalizioni e candidati governatori; e servono alla Giunta in carica per evitare che il giudizio sul proprio operato passi unicamente sotto il setaccio dell’ultimo scandalo.
Io penso invece che forze politiche responsabili dovrebbero anteporre alle proprie difficoltà ed esigenze la tutela degli interessi dei cittadini che rappresentano, anche a rischio di essere elettoralmente punite per questo.
La domanda allora si fa d’obbligo.
Siamo sicuri che il fastidio procurato ai 400mila elettori che dovrebbero votare due volte e la spesa per il doppio appuntamento elettorale (per una ventina di amministrazioni) non siano giustificati dal beneficio, per i cittadini di tutta la regione, di riavere al più presto un governo regionale forte e nel pieno delle sue funzioni?