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Sarò diffidente, ma non mi piace.
Anzitutto perché dovremmo decidere cosa si intenda per autoregolamentazione (e la storia di questa pratica, in Italia, non è proprio edificante).
Poi, perché essa dovrebbe essere discussa e concordata con i diretti interessati, e al Ministero degli Interni ieri non c’era un blogger o un qualsivoglia rappresentante (ammesso che ci sia qualcuno legittimato a decidere per tutti) degli utenti della rete. Infatti, più correttamente, il Corriere titola “regolamentazione del web“.
Infine, perché porre nelle mani di pochi – governanti o imprenditori che siano – l’autorità per decidere buoni e cattivi contenuti può rapidamente condurre a stabilire chi siano i buoni e i cattivi utenti: e le liste dei cattivi non portano, come è noto, a nulla di buono.
Che si sia per ora rinunciato al “giro di vite” per colpire i social network, non vuol dire affatto che si siano abbandonati i progetti di controllo e limitazione della libertà in rete, basta scorrere le proposte di legge giacenti in parlamento (e l’Italia non è sola, si vedano le ambiguità contenute nel “pacchetto telecom” recentemente approvato dal Parlamento europeo).
La battaglia culturale sulla banda larga, per una nuova disciplina del diritto d’autore, per considerare la rete – e tutto ciò, anche di pessimo, che contiene – un bene comune irrinunciabile, è in pieno svolgimento.
Le ragioni per essere in Piazza del Popolo oggi alle 17 a Roma restano tutte: Libera rete in libero Stato.
Da solerte custode della legalità, il senatore del Pdl Raffaele Lauro interviene con un suo disegno di legge al fine di punire severamente (da tre a dodici anni di reclusione) “chi istiga a commettere delitti contro la vita e l’incolumità delle persone o ne fa apologia”. E aggiunge che “se il fatto è commesso avvalendosi di comunicazione telefonica o telematica (internet e social network), la pena è aumentata”.
Senza entrare nel merito del disegno di legge, per ora noto solo attraverso le sintesi di stampa, valgono su questo ennesimo provvedimento le considerazioni fatte più volte e che indicano nei magistrati gli unici titolati a comminare sanzioni per reati di qualsiasi tipo compiuti sulla rete. Ci sarà da capire quale perversa logica dovrebbe però condurre ad aumentare la pena nel caso in cui il reato sia stato compiuto su Internet piuttosto che sulla pelle di qualcuno.
Confidiamo nel senatore Lauro, poiché lui, della rete, è uno che se ne intende.
Si è infatti occupato, attraverso una mozione recentemente presentata, dei “nativi digitali” (i nati nell’era di Internet), auspicando l’avvio di “un metodo di confronto fra famiglie e scuole” e l’assunzione di “una prospettiva culturale complessa, ponendo attenzione a un itinerario di uso progressivamente più autonomo, in cui la sorveglianza dell’adulto sfumi in modo consapevole verso l’attribuzione di una responsabilità progressivamente più piena ai giovani”.
Sembrerebbe il richiamo dettato dal buon senso di un moderato padre di famiglia, ma l’ansia per le potenzialità nascoste nella rete appare nella sua pienezza quando il nostro parla degli effetti del divario digitale tra genitori e figli:
“Altri effetti, più subdoli e altrettanto pericolosi sono lì a minare le basi delle nostre certezze. Il primo effetto del digital divide generazionale è quello di ribaltare i ruoli: il genitore dovrebbe naturalmente avere la funzione di insegnare ai figli come stare al mondo. Il digitale lo mette nella funzione di colui che deve apprendere dal figlio, con conseguente perdita di autorevolezza. Chi nella scala sociale era up diventa down, e viceversa. Questo non è un bene né per i genitori, né per i figli, come lo psicologo e il buon senso potranno dimostrare”.
Altro che “prospettiva culturale complessa”: Lauro è ansioso di ripristinare l’ordine rassicurante dell’autorità familiare e il “corretto” rapporto tra le generazioni.
Ma c’è dell’altro. “Ciò che sfugge ancora alla generazione adulta, mentre i giovani lo sanno senza bisogno di apprendimenti specifici, è la capacità di appropriarsi fino in fondo delle infinite possibilità relazionali, della creatività nuova e diversa offerta dagli strumenti, in altre parole la capacità di creare nuovi modi e mondi di relazione”.
Questa possibilità di creare nuovi modi e mondi di relazione, liberi dal controllo di chicchessia, è ciò che il senatore Lauro e molti altri temono della rete.
E il disegno di legge appena presentato non è che un atto della guerra aperta su più fronti – dal diritto d’autore alla delega ai provider sul controllo dei contenuti, dalle limitazioni allo streaming al contrasto dell’anonimato, eccetera eccetera – che questi signori hanno dichiarato contro Internet.
Per questo mercoledì 23 dicembre, alle 17.00, ci troveremo a Roma, in Piazza del Popolo, ad affermare la nostra determinazione nel volere una Libera rete in libero Stato.
Da ultimo ci si è messo il presidente del Senato: “Facebook è peggio che negli anni ’70”, uscendo da un Consiglio dei ministri nel quale si è solo rinviato un provvedimento di legge che in rete dovrebbe “sanzionare chi supera determinati limiti”.
La lista è lunga, e la “Carta dei cento per il libero WiFi” che abbiamo firmato neppure un mese fa, invocando che non fosse prorogato anche quest’anno il decreto Pisanu, sembra lontanissima dalla tempesta che tormenta la rete in questi giorni.
Ma non è che prima si stesse meglio.
Gli 800 milioni destinati alla banda larga desparecidi, i disegni di legge della maggioranza che giacciono in Parlamento e che mirano tutti a ridurre e controllare le libertà di espressione in Internet (Carlucci contro l’anonimato, Lussana per il “diritto all’oblio”, Pecorella e Costa sull’estensione ai blogger delle norme sulla stampa, Barbareschi con l’obbligo per i provider di controllare la circolazione dei contenuti), lo sventato emendamento D’Alia contenuto nel pacchetto sicurezza e l’obbligo di rettifica dell’incostituzionale decreto Alfano…
Tutti provvedimenti (qui lo stato dettagliato dell’arte) animati dall’ansia della sorveglianza e della punizione verso un luogo nel quale le idee (anche quelle strampalate o deprecabili) circolano in libertà.
Abbiamo pubblicamente iniziato il 14 luglio (in piazza, perché qui e altrove lo facciamo da un pezzo) e non ci stancheremo mai di ripeterlo: per la rete non servono “leggi speciali”, occorrono invece riforme che ne recepiscano la potenzialità innovatrice e ne garantiscano il libero dispiegarsi.
Internet è la nostra casa, la nostra biblioteca, il nostro bar e la nostra piazza: non vi consentiremo di metterle i lucchetti.
Per questo il 23 dicembre vi chiediamo di trovarci a Roma, in Piazza del Popolo, dalle 17.00 alle 19.00 e di condividere l’appello lanciato da Diritto alla rete e dall’Istituto per le Politiche dell’Innovazione insieme ad Alessandro Gilioli, Guido Scorza, il gruppo del Popolo Viola con Francesco Nizzoli e Emanuele Toscano, Pippo Civati, Gianfranco Mascia, Claudio Messora, Enzo Di Frenna, la sottoscritta e molti altri.
Aderite e condividete la pagina su Facebook, Libera rete in libero Stato.
Il testo del manifesto dell’iniziativa, in italiano e in inglese:
Libera Rete in libero Stato
Internet è una piazza libera. Una sterminata piazza in cui milioni di persone si parlano, si confrontano e crescono.
Internet è libertà: luogo aperto del futuro, della comunicazione orizzontale, della biodiversità culturale e dell’innovazione economica.
Noi non accettiamo che gli spazi di pluralismo e di libertà in Italia siano ristretti anziché allargati.
Non lo accettiamo perché crediamo che in una società libera l’apertura agli altri e alle opinioni di tutti sia un valore assoluto.
Non lo accettiamo perché siamo disposti a pagare per questo valore assoluto anche il prezzo delle opinioni più ripugnanti.
Non lo accettiamo perché un Paese governato da un tycoon della televisione ha più bisogno degli altri del contrappeso di una Rete libera e forte.
Non lo accettiamo perché Internet è un diritto umano.
Libera Rete in libero Stato.
“Sono sempre stato uno strenuo sostenitore di Internet e dell’assoluta mancanza di censura” (Barack Obama, discorso agli universitari cinesi, Shangai, 16 novembre 2009).
Free Internet in a free Country – Free Internet in a free Italy
The internet is a free space.
It is an endless place in which millions communicate, exchange ideas and grow.
The internet is freedom: it is the open space of the future, of horizontal communication, cultural diversity and economic innovation.
We cannot accept that pluralism and freedom in Italy be limited instead of broadened.
We cannot accept it because we believe that, in a free society, openess to others and to their ideas is a value of absolute importance.
We cannot accept it and are prepared to listen to the most repugnant of views.
We cannot accept it because Italy, a country ruled by a television tycoon, needs more than other nations the counterweight of a free and strong Network.
We cannot accept it because the internet is a human right.
Free Internet in a free Country
Free Internet in a free Italy
Arrivederci al 23!
Se mai potevamo avere dei dubbi sull’uso politico che sarebbe stato fatto del gesto del folle Tartaglia, ecco qua la dichiarazione del sottosegretario Alfredo Mantovano a proposito dei controlli che scatteranno sulla Rete:
“La nostra polizia postale e le altre forze di polizia, con tutti i limiti che un intervento di questo tipo comporta, sia tecnici, sia di normativa, cercheranno di capire e di individuare chi ha lanciato messaggi di minaccia o di odio”.
Chiunque abbia rifiutato di piegarsi all’informazione regolamentata, alla giustizia compiacente, all’opposizione consociativa è avvertito.
Il comune sentire delle decine di migliaia di persone che ieri erano in Piazza del Popolo ci servirà per qualche tempo a sapere che siamo in molti, molti più di quanti a volte vorrebbero farci credere.
Ma c’è una domanda che da ieri mi pongo senza riuscire a darmi una convincente riposta.
Perché nelle parole degli oratori che sono intervenuti in Piazza del Popolo, salvo un accenno del costituzionalista Valerio Onida, la rete è stata completamente assente?
Possibile che tra i tanti interventi di ieri non abbia trovato spazio un blogger di coloro che hanno organizzato lo sciopero della rete del 14 luglio scorso, o uno tra quelli (tanti, tantissimi) che hanno contribuito a rendere la manifestazione di ieri quella cosa grande e bella che è stata?
Possibile che in Italia, nel 2009, la difesa della libertà di informare e di conoscere, in un appuntamento come quello di ieri, si limiti a parlare del mondo della carta stampata e della tv?
Gli attacchi alla libertà della rete, negli ultimi mesi, sono stati pesanti e reiterati (per approfondimenti sullo stato delle “leggi di Internet” qui un riepilogo aggiornato). Li ricordo sommariamente:
– Art. 60 del decreto S773 C2180 “sicurezza” (Gianpiero D’Alia, Udc): prevedeva l’imposizione ai provider, da parte del ministero dell’Interno, di controllare e filtrare i contenuti immessi nella rete e ritenuti illegittimi;
– Disegno di legge C2195 (Gabriella Carlucci, PdL): prevede l’abolizione di ogni forma di anonimato in rete ed estende a Internet le norme sulla diffamazione che si applicano alla stampa;
– DDL C2455 diritto all’oblio (Caterina Lussana, Lega Nord): riconosce ai cittadini sottoposti a processo penale la garanzia che, decorso un certo periodo di tempo, le informazioni (immagini e dati) riguardanti i propri trascorsi giudiziari non siano più attingibili da chiunque.
– DDL intercettazioni (Angelino Alfano, PdL): nel decreto che limita la possibilità di ricorrere alle intercettazioni a scopi giudiziari e ne restringe la pubblicazione, l’articolo 18 estende ai “siti informatici” l’obbligo di rettifica entro 48 ore;
– DDL C881 modifiche al codice penale (Gaetano Pecorella ed Enrico Costa, PdL): estensione ai “siti internet aventi natura editoriale” le norme della Legge sulla stampa in materia di diffamazione, di ingiuria e condanna del querelante.
Ce n’è abbastanza per allarmarsi e considerare la rete oggetto di un’aggressione specifica che andrebbe puntualmente contrastata, senza abbandonare gli utenti e i produttori di contenuti su Internet alla propria autodifesa (si veda, per tutte le iniziative nate in questi mesi, quella di Diritto alla rete, che ha indetto lo sciopero dei blogger del 14 luglio).
Sarebbe stato bello se ieri la difesa della libertà nella rete, il diritto alla condivisione delle informazioni e alla conoscenza, che Internet come nessuna altra forma della comunicazione oggi consentono, fossero stati tra i punti qualificanti degli interventi dal palco.
Informazione: NO al guinzaglio. Diritto di sapere, dovere di informare.
Questo è lo slogan della manifestazione convocata per domani alle 15.30 a Piazza del Popolo a Roma.
Roberto Saviano “Cosa vuol dire libertà di stampa” riassume su Repubblica di oggi le ragioni per ribellarsi alla limitazione della libertà di informare e informarsi dovute all’attuale (di fatto) monopolio televisivo e allo strapotere esercitato su gran parte degli organi dell’informazione a stampa.
La mia adesione alla manifestazione di domani è ulteriormente motivata da tutte le proposte di regolamentazione, restrizione e controllo dell’espressione in rete, sottoposte negli ultimi mesi alla discussione parlamentare dal governo e dai suoi rappresentanti.
Sul blog di Diritto alla rete si può sottoscrivere e partecipare all’appello dei blogger: “un post per la libertà d’informazione in rete”.
A domani.