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C’è una ragione sopra tutte le altre che mi ha condotto ad accettare di essere candidata alle prossime elezioni regionali: il bisogno di giustizia. La giustizia mortificata ogni giorno dai soprusi piccoli e grandi perpetrati dai più forti sui più deboli, la giustizia elusa dagli evasori fiscali, ingannata da chi non riconosce al lavoro legittima dignità, la giustizia negata alle tante vittime della mafia e delle stragi, la giustizia ignorata e offesa da chi pensa di esserne al di sopra, immune alle leggi e alle regole sulle quali ha giurato.
Nella politica regionale ciò si traduce in una scelta precisa: battersi senza tregua contro il partito degli affari. Quel partito trasversale che affonda le sue unghie nelle risorse pubbliche, che corrompe e trasforma in sistema mafioso la gestione della sanità e quella dei rifiuti, che rimuove le tutele e punta a privatizzare i beni comuni, ambientali e culturali, che specula sul territorio violando l’esistenza di chi ci vive.
Nel Lazio questo partito ha tra i suoi iscritti illustri alcuni noti imprenditori (qui, qui, e qui qualche curiosità su di loro) e una schiera di amministratori compiacenti. Qualsiasi programma o buona intenzione, dichiarata durante la campagna elettorale, andrà messa alla prova con la volontà e capacità di sbaragliare questa associazione che opera per i suoi propri ed esclusivi interessi.
Per questo, prima ancora di elencare le mie proposte, voglio fare un appello alla trasparenza: non solo quella che chiediamo di applicare agli atti e alle decisioni delle amministrazioni pubbliche, ma a partire da ciascuno di noi candidati.
Per mettermi alla prova ho compilato il questionario che gli aspiranti collaboratori di Barak Obama hanno dovuto sottoscrivere per entrare a far parte dello staff del candidato Presidente degli Stati Uniti. Al suo interno trovate anche il mio curriculum vitae e le mie due ultime dichiarazioni dei redditi, nonché tutte le informazioni su incarichi, ruoli, proprietà e condizioni familiari.
Il contesto politico locale, però, riserva anche sorprese inattese e risorse straordinarie: giovani, donne, cittadini che si battono per fare del proprio territorio un luogo ospitale, aperto e bello, un punto di incontro, discussione e condivisione con gli altri di idee, denunce e battaglie. Persone che non restano chiuse nelle proprie case o nelle sedi dei partiti e che si mescolano ogni giorno con le organizzazioni dei cittadini contro la mafia e i poteri criminali, con le associazioni che intervengono nelle situazioni di disagio sociale, di difesa del proprio territorio, di affermazione dei diritti civili, con i centri sociali autogestiti che promuovono creatività culturale e politiche conflittuali, con i gruppi spontanei che inventano nuove forme solidali di acquisto e di scambio.
Queste potenzialità stanno espandendosi e divenendo più forti anche grazie alla diffusione degli strumenti di informazione e comunicazione che ci offre Internet. La Rete è spesso il punto di riferimento per quanti di noi stanno provando a ricostruire la politica come conoscenza dei problemi e partecipazione diretta: mantenere e ampliare la sua libertà contro ogni tentativo di limitazione e censura sono obiettivi sui quali sono da tempo impegnata e che avranno un riscontro immediato nelle mie attività al consiglio regionale.
Per rendere efficace la mia presenza non intendo “trasferirmi” al consiglio regionale semplicemente come “rappresentante” dei cittadini, ma essere un tramite costante tra le istanze che provengono dai quartieri, dai paesi e dalle persone e la sede del governo regionale. E viceversa: se le assemblee elettive non si aprono, mi impegno a far sì che siano i cittadini a entrare nel palazzo. La prima cosa che farò appena eletta sarà di raccontare, attraverso la condivisione in rete di tutti gli atti e i documenti ai quali potrò avere accesso, di cosa hanno discusso il consiglio, la giunta e le commissioni e quali decisioni hanno assunto. Inizierò a farlo durante la campagna elettorale, su questo blog.
Questa è la mia idea di trasparenza: concreta, operativa, a partire da me stessa, subito.
Ho atteso, per confermare la mia candidatura, che vi fossero le condizioni per dare credibilità all’idea di profondo rinnovamento della politica che considero irrinunciabile: la condivisione del programma, della coalizione che si candida a governare, della composizione delle liste. Non tutto è andato come avrei preferito e nella direzione per cui mi sono battuta. Avrei preferito si svolgessero le primarie della coalizione, che la candidata o il candidato alla funzione di governatore fosse scelto attraverso un’ampia consultazione del popolo che avrebbe dovuto sostenerla/o. Per questo mi sono impegnata nel promuovere e sostenere una candidatura per le primarie esterna al mondo dei partiti come quella di Loretta Napoleoni: il confronto su candidature diverse avrebbe portato a discutere di programmi e orientamenti per la coalizione, impegnando tutti a scegliere e rispettare con coerenza gli esiti di questa scelta.
Sostengo Emma Bonino candidata governatrice; mi riconosco, prima ancora che nella coalizione che la sostiene, nelle persone che vedono in lei una donna autorevole e capace, in grado di affermare il buon governo nella Regione Lazio: realizzare intorno a lei il massimo del consenso è un mio obiettivo prioritario.
Ma veniamo ad alcuni dei punti di programma sui quali intendo impegnarmi, indipendentemente dalla coalizione che governerà la regione. Gli argomenti, che qui indico sinteticamente, troveranno uno spazio specifico nel blog e saranno aperti ai contributi di tutti per essere integrati e declinati in concrete azioni specifiche (qui accanto, cliccando sulla nuvola di tag, si avvierà “dì la tua” dove sarà possibile integrare, criticare, correggere le proposte di programma). Non ho inserito uno specifico punto relativo al lavoro: si tratta di un’emergenza che richiede anzitutto chiare e immediate scelte politiche nazionali; i punti che elenco pongono tutti un’estrema attenzione all’occupazione e al suo sviluppo, investendo sul futuro della nostra Regione.
Da qualche giorno, da qualche parte, si discute della data migliore per le elezioni che dovranno rinnovare il Consiglio regionale del Lazio, sciolto il 28 ottobre scorso.
Pare che l’orientamento dei partiti sia quello di confermare la data dell’appuntamento elettorale, fissato in precedenza a domenica 28 e lunedì 29 marzo 2010 per tutte le consultazioni amministrative (Lazio incluso, prima che esplodesse lo scandalo Marrazzo).
Ma per rispondere alla domanda-titolo del post, vediamo cosa stabilisce la legge elettorale.
La legge Regionale n. 2 del 2005, all’articolo 5 recita: “Nei casi di scioglimento del Consiglio regionale, previsti dall’articolo 19, comma 4, dello Statuto, si procede all’indizione delle nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Regione entro tre mesi“. Cioè, il Consiglio deve darsi il tempo di sistemare le faccende urgenti e poi ridare la parola ai cittadini.
La legge n. 108 del 1968, all’articolo 3, comma 6, stabilisce inoltre che “I sindaci dei comuni della regione ne danno notizia agli elettori con apposito manifesto che deve essere affisso quarantacinque giorni prima della data stabilita per le elezioni”. 45 giorni che occorrono allo svolgimento della campagna elettorale.
Dalla data di scioglimento del Consiglio al giorno delle elezioni devono quindi intercorrere al massimo 90 + 45 = 135 giorni. Così arriviamo al 12 marzo: la domenica e il lunedì precedenti rappresentano la data ultima per andare a votare: 7 e 8 marzo.
L’opinione generale, a questo punto, sostiene che i 20 giorni frapposti tra il 7/8 e il 28/29 non giustificano la doppia tornata elettorale e che dunque si deve trovare un accordo politico in seno al Consiglio per rinviare anche le regionali al 28 marzo. A votare due volte, è bene ricordarlo, sarebbero circa venti Comuni e la Provincia di Viterbo (in totale, circa 400mila elettori, l’8% sui 4 milioni e 600mila dell’intera regione).
Effettivamente, se l’alternativa fosse tra il 7 e il 28 marzo si può essere d’accordo sul rinvio, pur essendoci il rischio di eventuali ricorsi se il Consiglio, essendo sciolto, non fosse legittimato a deliberare lo slittamento di data. Ma l’alternativa (come hanno affermato, a onor del vero, alcuni consiglieri regionali del pdl) è tra il 7 marzo e una data molto precedente. Per la legge del 2005, il termine dei tre mesi è un termine entro il quale devono essere indette le elezioni, che dunque avrebbero potuto essere bandite anche lo stesso giorno di scioglimento del Consiglio, mandandoci alle urne già a metà gennaio.
Cosa può o dovrebbe accadere di importante in questi tre mesi per non accelerare la data delle elezioni? Ci sono atti o iniziative che il Consiglio o la Giunta possono assumere per meglio governare la Regione? Possono essere sospese decisioni per avviare approfondimenti e supplementi di indagine prima di procedere alla loro attuazione? Nulla di tutto questo.
Uno dei pochi che potrà assumere delle decisioni è il Commissario alla sanità Elio Guzzanti (l’ottantanovenne professore ed ex ministro, nominato in sostituzione dello stesso Marrazzo); ma vorrà e potrà farlo, senza poter contare sul sostegno della Giunta nelle sue piene funzioni? Di lavoro ne avrebbe, a partire dalla conferma (o revisione) dei decreti emessi da Marrazzo l’estate scorsa, che prevedono la drastica riduzione delle prestazioni sanitarie. Una riduzione che taglierebbe al gruppo San Raffaele della famiglia Angelucci (il deputato pdl Tonino e il figlio Giampaolo, editore di Libero, Riformista e il Tempo) 35 milioni annui di introiti; e che ha provocato la reazione del gruppo stesso: avvio di 500 licenziamenti e messa in vendita del ramo sanitario del gruppo.
Insomma, sono tre mesi durante i quali si governerà poco e l’ordinaria amministrazione (a partire dal bilancio, puramente “tecnico”) non potrà affrontare i reali problemi che interessano la vita dei cittadini della regione. Tutto il contrario di quel che ci servirebbe.
Questi tre mesi, però, occorrono ai partiti per organizzarsi, predisporre le liste, tentare di ritrovare, se l’hanno persa, la barra della propria iniziativa, allestire gli accordi per coalizioni e candidati governatori; e servono alla Giunta in carica per evitare che il giudizio sul proprio operato passi unicamente sotto il setaccio dell’ultimo scandalo.
Io penso invece che forze politiche responsabili dovrebbero anteporre alle proprie difficoltà ed esigenze la tutela degli interessi dei cittadini che rappresentano, anche a rischio di essere elettoralmente punite per questo.
La domanda allora si fa d’obbligo.
Siamo sicuri che il fastidio procurato ai 400mila elettori che dovrebbero votare due volte e la spesa per il doppio appuntamento elettorale (per una ventina di amministrazioni) non siano giustificati dal beneficio, per i cittadini di tutta la regione, di riavere al più presto un governo regionale forte e nel pieno delle sue funzioni?
Caro Carlo,
nei giorni immediatamente successivi il voto del 6/7 giugno avevo seguito i tuoi interventi a proposito della campagna elettorale e della mancata elezione al Parlamento europeo. Solo recentemente ho però avuto modo di leggere il post (Ecco perché non sono entrato nel Parlamento europeo) che hai pubblicato nel tuo blog l’11 di luglio e ho pensato di rispondere pubblicamente, non solo a te ma a tutti coloro che sono vicini a Idv e si interrogano su questa come su altre vicende che agitano la vita di questo partito in una fase politica tra le peggiori della storia d’Italia.
Anche io, con te e molte altre persone, sono stata candidata come indipendente al Parlamento europeo con l’Italia dei valori. E come te ho condiviso, prima di ogni altra cosa, “un progetto politico fondato sulla difesa e sull’applicazione della Costituzione italiana”.
Questo progetto (per quanto riguarda me, avviato dalla proposta avanzata da Di Pietro su indicazione di Gianni Vattimo) aveva come perno l’avvio di un processo di rinnovamento interno all’Italia dei valori che trovava la sua espressione nelle tante candidature di indipendenti, donne e uomini della “società civile” le quali, vale la pena ricordarlo, costituivano la maggioranza dei nomi inseriti nelle liste. Le candidature di Sonia Alfano, Luigi de Magistris e Carlo Vulpio non sarebbero state sufficienti a convincermi di accettare a mia volta. Ciò che ho ritenuto qualificante è stato l’impegno preso con tante persone (e reciprocamente assunto da loro con Idv) perché quel percorso di cambiamento potesse veramente procedere in modo diffuso nel territorio, oltre e dopo gli esiti del voto relativi al Parlamento europeo, rendendo praticabile l’inclusione estesa di risorse, orientamenti ed esperienze fino a quel momento scarsamente rappresentati all’interno di Idv.
D’altra parte, dei sette parlamentari eletti con Idv a Strasburgo (Alfano, Arlacchi, De Magistris, Iovine, Rinaldi, Uggias, Vattimo) ben sei si sono presentati come indipendenti, confermando le attese motivate da quelle candidature. Il difetto consiste, più che nell’assenza di Vulpio, nel fatto che tra i sette eletti vi sia una sola donna! Tra l’altro, essendo l’età media delle donne candidate sensibilmente più bassa di quella degli uomini, si sarebbero presi, come si dice, due piccioni con una fava (senza vincolare il rinnovamento a un puro fatto anagrafico, questo dato ha pur il suo peso nel modo con cui si partecipa alla vita politica).
Detto questo, anche io ho “subito” un trattamento che non sempre ho ritenuto corretto da parte di Idv durante la campagna elettorale. A partire dalla composizione delle liste che (dagli impegni presi con me al momento della candidatura) avrebbero dovuto prevedere, nella circoscrizione in cui sono stata candidata, i nomi di Di Pietro e Rinaldi in testa di lista per poi seguire gli altri in ordine alfabetico. La motivazione di tale scelta mi era parsa un’ulteriore conferma della volontà di fare sul serio: tutti candidati “alla pari”, in un gioco di squadra che, pur facendo perno sulle rispettive esperienze e qualità delle persone, moltiplicava la sua capacità di attrazione proprio per la condivisione collettiva di un progetto. La testa di lista nella terza circoscrizione, invece, conteneva ben sei nominativi (quasi metà dei candidati, una sola donna), con ovvie conseguenze di minore visibilità e credibilità per coloro che da quel sestetto erano esclusi. Ma a mio parere con minore forza e credibilità per tutti, anche coloro che in quella rosa erano inclusi: un difetto (se non altro) di comunicazione, del quale spero si faccia tesoro per il futuro.
La forza della “terna” Alfano, de Magistris, Vulpio, come tu scrivi “simboli dei temi antimafia, giustizia, informazione”, sarebbe penso risultata ancor maggiore se avessimo voluto e saputo stabilire relazioni più strette tra noi, tutte e tutti noi candidati indipendenti presenti nelle liste di Idv, a prescindere dal sostegno “supplementare” del quale quei tre candidati (tre sulla carta, per lo meno) godevano da parte di Beppe Grillo, dei meetup e della Casaleggio. Hanno spesso prevalso altre logiche: diffuse resistenze, qualche personalismo, un modo noto di fare politica che è più facile riprodurre che cambiare. Nonostante questo, a me non è passata per la mente neppure un momento l’idea di ritirarmi dalla competizione, per una ragione su tutte. In quei due mesi scarsi di campagna elettorale ho avuto l’opportunità e il privilegio di conoscere, ascoltare, dialogare con moltissime persone, assetate, prima di ogni cosa, della possibilità di fidarsi dei propri candidati. Aver conquistato la loro stima (e ricambiarla) è per me uno straordinario obiettivo raggiunto dall’operazione voluta da Di Pietro, nella quale mi riconosco e alla quale sono orgogliosa di avere, per la mia piccola parte, contribuito. E, a quanti hanno votato me, posso dire che quei voti sono serviti a portare al Parlamento europeo persone oneste e capaci che svolgeranno con coerenza il compito cui sono chiamate.
Ora si tratta di non disperdere quel lavoro, quell’impegno, le ragioni che ci hanno condotto a compiere una scelta. Per questo sono certa, Carlo, che ci incontreremo ancora (al di là degli incarichi) nelle battaglie, aspre e numerose, che attendono chiunque condivida il nostro bisogno di vedere ripristinate le regole del confronto democratico, della giustizia e della legalità, della difesa dei più deboli, dell’affermazione dei diritti di piena cittadinanza per ogni persona che vive nel nostro Paese.
Per me, come da impegni presi con Antonio Di Pietro al momento della candidatura per le europee, significa restare con convinzione al servizio di questo progetto, accettando la candidatura per le prossime elezioni del Consiglio regionale del Lazio.
A livello locale e regionale la scommessa del 2010 è al tempo stesso ardua e decisiva: affermare la politica, che dovrebbe essere ovvia, del buon governo nella cosa pubblica. Un obiettivo, questo, distante anni luce dal concreto esercizio del potere che vediamo in atto quotidianamente. La possibilità che ciò avvenga passa attraverso due precondizioni: la scelta di candidati dalla indiscutibile onestà e la ricerca di alleanze fondate su precisi impegni programmatici e non azzoppate da intenti elettoralistici. La mia attenzione su questi due punti sarà estrema, poiché la mia posizione da indipendente richiede un atto di lealtà ancor maggiore nei confronti delle elettrici e degli elettori ai quali chiederò di confermare ed estendere la fiducia che mi hanno dato tre mesi fa. Quelle persone mi hanno votata conoscendo la mia collocazione di sinistra e la mia sensibilità verso i diritti che fondano la convivenza tra donne e uomini, indipendentemente dal colore della loro pelle, dalla lingua che parlano, dalle scelte familiari e sessuali che compiono, dai valori e dalle religioni nei quali credono o non credono.
Declinare i principi in azioni è la sfida della politica, se la politica non è asservita ai potenti, alle consorterie, alle associazioni criminali. Per farlo, oltre a sottoscrivere e sostenere il programma in dieci punti dell’Italia dei valori (qui il documento stampabile), io mi impegnerò direttamente e concretamente su questi obiettivi:
1. Trasparenza. Informare, semplificare, condividere: applicare queste regole alle attività e agli atti pubblici è una delle condizioni per ridurre gli sprechi, combattere l’evasione fiscale, eliminare i privilegi, tagliare i costi della politica e imporre la cultura del merito.
2. Libertà digitali. È necessario diffondere e moltiplicare la partecipazione e condivisione proprie del “popolo della rete”, utilizzandole come volano e supporto per superare i gap tecnologici, eliminare le barriere nell’accesso e favorire la partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica. Diffusione della banda larga, gratuità delle connessioni, educazione all’uso di Internet sono interventi urgenti. Così come è urgente, anche a livello locale, definire una Carta dei diritti digitali che garantisca la libertà della circolazione e condivisione dei contenuti in rete.
3. Istruzione, cultura, ricerca. La democrazia vive dove l’ignoranza viene combattuta quotidianamente con ogni mezzo. Investire sul futuro, sulle capacità e le aspettative mortificate dei giovani non è un’opzione tra tante ma l’unica in grado di restituire all’Italia la fiducia in sé e nelle proprie migliori risorse. Non si tratta solo di spendere di più ma di spendere meglio: introdurre e far valere la cultura del merito e della valutazione contro favori e protezioni, premiare l’ingegno innovativo e creativo a svantaggio della semplice riproduzione dei saperi e della ricerca del guadagno, valorizzare il talento delle donne e coltivare le eccellenze in ogni campo.
4. Ambiente e salute. La Terra è principio e condizione di vita: continuare a depredarla significa mettere a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. Il governo del territorio deve difendere ed estendere la tutela dei beni comuni, vincolare ogni decisione su energia, gestione dei rifiuti, accesso alle risorse primarie alle insindacabili priorità della difesa della salute e dell’ambiente. Dobbiamo essere consapevoli dei limiti delle risorse naturali, impegnandoci individualmente e collettivamente a risparmiarle e distribuirle equamente, penalizzando le iniziative che antepongono il profitto di pochi al bene di molti. Possiamo avviare azioni precise, con il territorio a farci da guida, innestando un circolo virtuoso che punti da subito all’utilizzo delle energie rinnovabili, al riciclo dei rifiuti, all’edilizia biocompatibile, alla riduzione e azzeramento delle emissioni nocive.
5. Diritti civili. La cittadinanza si realizza attraverso l’equilibrio tra libertà e responsabilità. Attribuire pari dignità alle scelte sessuali, religiose, familiari di ogni persona passa per il riconoscimento di un diritto e non tramite la concessione di un permesso. Occorrono politiche attive di garanzia ed estensione delle libertà per le coppie di fatto, per le scelte riproduttive e per il fine vita, affidandosi alle competenze e al buon senso prima ancora che a sofisticati apparati di legge. L’inadeguatezza delle iniziative anti-discriminatorie è evidente: l’inserimento in un contesto sociale si promuove estendendo i diritti connessi ai doveri di ciascuno, per esempio riconoscendo l’elettorato attivo a livello locale a tutti i residenti come avviene in molti paesi europei.
Su questi cinque punti aprirò un confronto e chiederò aiuto e collaborazione a tutte e tutti coloro che vorranno partecipare, attraverso il blog e in ogni sede che sapremo individuare, per riempirli di concrete proposte e far camminare le nostre idee. E mi auguro di trovarmi ancora al fianco di Carlo Vulpio in questo impegno.