tag: unioni di fatto
Le assemblee regionali, quelle che stiamo per rieleggere, non possono approvare né eliminare le leggi dello Stato; possono favorirne o meno l’applicazione, possono varare altre leggi e soprattutto fare in modo che a guidare le scelte per l’amministrazione dei territori sia la buona politica per le cittadine e i cittadini, siano essi bianchi, gialli e anche rossi.
Quella politica buona vede due persone mano nella mano e ha il dovere di accompagnarle nella vita comune, se lo vorranno: come siano assortiti i sessi tra loro non può e non deve riguardare la legge. Perciò mi batterò perché nella regione Lazio si riconoscano presto le unioni di fatto.
La politica buona vede i bambini tutti uguali; a ciascuno di loro sa parlare nella lingua dell’accoglienza, sapendo che insieme comporranno città varie e curiose di esplorare altri mondi. Per questo a loro, ai loro genitori, vanno riconosciuti diritti, oltre che richiesti doveri: il diritto di essere cittadini e di votare nel luogo in cui vivono, anzitutto.
La buona politica riconosce la sofferenza e capisce quando deve arrestarsi davanti alla soglia di una persona morente; consentire a ciascuno di noi di scrivere il proprio testamento biologico è il modo per la politica di essere con le persone, non sopra di esse.
La buona politica sostiene i cittadini nelle loro libere scelte e determina i valori non negoziabili per il bene della propria comunità. Per questo l’appello al voto del cardinal Bagnasco è irricevibile. Perché chiunque pretenda di imporre la visione sua, o della sua Chiesa, sul corpo di tutti (ma specialmente di tutte), fingendo di ignorare la reale condizione umana e calpestando le decisioni già assunte dai cittadini, ecco, chiunque faccia questo, sappia che le leggi dello Stato non si cambiano dal pulpito, che le cittadine e i cittadini italiani sanno distinguere la religione dalla politica e che il voto, in questo Paese, è ancora un voto libero.
Forse mi conosci da un po’, in questo caso penso che tu sappia per quale motivo votarmi.
Forse hai iniziato a conoscermi da qualche settimana su questo blog, o ci siamo incontrati durante la campagna elettorale, oppure io stessa ti ho dato il volantino con il mio nome e la mia faccia. Forse sei capitata/o qui per caso, per sbaglio, per suggerimento, ed è la prima volta che ho l’occasione di dirti qualcosa.
Qualunque sia il percorso che ti ha condotto qui, mi preme che tu sappia alcune cose.
Con questa esperienza non ho solo scelto di “provare a essere eletta”. C’è dell’altro. Ho vissuto questa campagna elettorale come un’occasione per ascoltare, non per fare propaganda. Il risultato finale e il cammino che mi ha portato a incontrare uomini e donne, ragazze e ragazzi, sono due momenti di pari importanza. Ho capito ancora una volta e più a fondo che c’è un’Italia che non è rassegnata, e ho tentato di spiegare che dall’Europa qualcosa si può cambiare. È possibile se si hanno degli obiettivi chiari; per questo ho deciso di non fare promesse indiscriminate e irrealizzabili, ma ho scelto di focalizzare il mio impegno nell’area alla quale ho dedicato tutta la mia vita attraverso l’attività di editrice e docente universitaria: la conoscenza, intesa nel suo senso più ampio.
Cultura, ricerca, innovazione: per me non sono parole vuote, ma punti irrinunciabili per un risveglio della coscienza democratica e allo stesso tempo strumenti fondamentali per uscire dalla crisi economica. Sono gli ambiti sui quali lavorerò. Perché il merito e l’introduzione di standard europei di valutazione permettano alle nostre università di tornare a essere efficaci nella formazione e competitive nella ricerca. Perché la trasparenza sia la condizione di ogni finanziamento europeo, e questi ultimi non siano più pozzi ai quali veder attingere sempre i soliti traffichini. Perché l’accesso a internet venga garantito a tutti, e a tutti vengano fornite le competenze necessarie per utilizzarlo.
Mi impegnerò perché l’Europa dia avvio a politiche di inclusione e di estensione dei diritti di cittadinanza omogenee per tutti i paesi europei: dal reddito minimo al riconoscimento delle unioni di fatto, dal testamento biologico al diritto alla casa. Perché le risorse vengano più equamente distribuite, perché si abbandoni la scelta nucleare e si investa nella produzione di energia pulita. Vorrei che l’Europa divenisse un territorio dove idee e persone circolino liberamente.
Non voglio andare a Bruxelles in vacanza, voglio andarci perché è da una vita che cerco di contrastare quella catena interminabile di sopportazioni e umiliazioni, inciampi e prepotenze divenuti ormai passaggi obbligati all’accesso, partecipazione e affermazione nella vita pubblica.
L’ho sempre sentita come una necessità, e se deciderai di darmi il tuo voto lo farò anche a tuo nome, ascoltando le tue istanze attraverso questo blog, che sarà il luogo nel quale renderò conto delle mia attività al Parlamento Europeo.
Ho speso la mia vita tentando di decifrare un mondo complicato attraverso analisi complesse che portassero a soluzioni semplici, accessibili, collettive.
Antonio Di Pietro mi ha offerto questa possibilità, e mi ha offerto di correre essendo me stessa, candidandomi come indipendente, come una donna di sinistra.
Non vedo l’ora di provare a cambiare le cose, e se come me pensi che io possa farlo, ti chiedo di votarmi, e di spiegare ad amici e conoscenti per quale motivo lo farai.
Grazie, Luisa